Oggi, 29 dicembre, è il mio compleanno. E molto egoisticamente ho deciso di annoiarvi scrivendo su questo blog delle personalissime riflessioni su questi miei primi ventisette anni di vita, nella speranza di ricevere da parte vostra dei riscontri, dei suggerimenti e magari dei chiarimenti sui punti interrogativi che in questo momento scandiscono parte della mia quotidianità.
Ventisette anni, intraprendente, razionale, vitale e poco incline ai compromessi. Chi mi conosce dice di trovare in me anche intelligenza e quel non so che che fa la differenza, e io, con molta umiltà, vi dico che ha ragione!
Scusatemi ma se non credo io in me, perché dovrebbero farlo gli altri?!
Scherzi a parte, cercavo solo di farvi una mia breve descrizione, come persona. Una ragazza italiana, sveglia, preparata, e con tanta voglia di fare. Insomma una giovane della porta accanto che, nell'Italia odierna, stenta a riconoscersi e fa fatica ad avere un suo spazio. E credetemi, nei limiti del corretto, sgomito parecchio per ritagliarmi il mio posto nel mondo!
In questi anni post-laurea, conseguita con ottimi voti, devo dire di essere stata abbastanza fortunata per le possibilità che mi sono state offerte nell'ambito giornalistico. Stage formativi durante e dopo la laurea nella più importante agenzia di stampa italiana, un contratto di collaborazione con un quotidiano, e infine la possibilità di avere un mio spazio qui, tra i blogger di Quotidiano.net.
Sono stata molto fortunata, lo ammetto. Ho imparato e continuo ad imparare tanto da queste esperienze.
Uscita dall'università pensavo di essere pronta, di sapere quanto basta sul giornalismo, e invece oggi posso dire che non sapevo proprio niente. O meglio didatticamente ero pronta, preparata all'interrogazione, ma scrivere un articolo, fare un'inchiesta, intervistare una persona, andare alla ricerca della notizia, scoprire quel qualcosa che gli altri non sanno, e via dicendo, sono tutt'altra cosa.
Mi ero imbattuta nel giornalismo per scelta già dall'università, ma è grazie a queste esperienze che mi sono innamorata di questa professione. E se non la fai con passione è difficile che riesca bene.
Ma non è del bello della mia professione che vi voglio parlare, vi voglio esporre le mie perplessità.
Affacciandomi al mondo lavorativo, in molti casi mi sono trovata di fronte una chiusura. E questo, a dire la verità, non solo nel mio campo.
In generale ho avuto come la sensazione che la classe dei "lavoratori anziani" oggi si chiuda a riccio di fronte al giovane che avanza. Non voglio generalizzare ma, in molti casi, sembra come se l'anziano non volesse insegnare il mestiere al giovane per paura che, così facendo, possa perdere qualcosa. Come il cuoco che non dice mai gli ingredienti della sua ricetta per timore che possano copiargli il piatto e portargli via i clienti.
Con i tempi che corrono, crisi, arrivismo professionale, ed egoismo, forse posso anche comprendere questa classe di lavoratori anziani che, essendo poco tutelati dallo Stato, cercano di auto-tutelarsi. Però allo stesso tempo, partendo dal presupposto che sono loro la saggezza professionale di noi giovani, mi chiedo se non ci insegnate voi il mestiere, chi lo può fare? Dovete cavarvela da soli direte voi. Va bene, certo. Ma quello che intendo io non è di ricevere la pappa pronta, è quello di trovare nel mondo lavorativo il concetto del passaggio del testimone, l'anziano che tramanda al giovane il suo sapere, e a tempo debito gli lascia anche il posto, senza attanagliarsi alla seggiola come succede in molti casi oggi. E forse sarò cinica nel dirlo, ma non è solo questione di crisi.
C'è dell'altro. Molto spesso in questi anni ho sentito ripeter la frase "largo ai giovani", uno slogan di propaganda più che un concetto reale. Perché sono veramente poche le realtà lavorative che mettono in pratica queste parole.
Vi faccio alcuni semplici esempi. Ho spedito il mio curriculum vitae tante volte, e le risposte, anche solo per dirmi un "no grazie", sono state infinitamente inferiori al numero di email inviate. Fissare un colloquio poi è cosa ardua. Il più delle volte è un onore riuscire a parlare con la segretaria della persona con cui dovresti avere quel colloquio. Per non parlare della poca correttezza che, spesso, viene usata nei confronti dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Per carità, non è il mio caso, ma è vero che talvolta anche i giovani quanto a chiarezza e a senso di responsabilità professionale lasciano a desiderare.
Per questo senso di poca correttezza, misto ad un'aria di poco rispetto nei mie confronti, tempo fa ho rifiutato una collaborazione. E vi prego di non leggere questa mia scelta come un atto di snobismo. Il giornalismo, a parer mio, è una professione appassionante e totalizzante; per un giovane alle prime armi lo è ancora di più. E' duro lavoro e completa dedizione, che inizialmente, nella stragrande maggioranza dei casi, viene ripagata con la pubblicazione del tuo scritto ma non da entrate economiche, e ciò implica un sacrificio, quanto meno per arrivare a fine mese. Ma lo si fa, perché ne vale la pena. L'unica cosa che chiedo, come chiede un qualsiasi giovane, è un po' di rispetto per quello che faccio, condizione basilare che in quel caso mancava di netto, e ragione per la quale ho deciso, a malincuore, di non collaborare.
Questi sono solo alcuni dei punti poco chiari che ho incontrato in questi primi anni di inserimento nel mondo del lavoro. Ma ora è giusto che vi racconti anche l'eccezione, perché fortunatamente per me, ho trovato anche delle realtà lavorative totalmente differenti, dei professionisti con tutt'altri connotati morali.
Prima ho incontrato Claudio che mi ha fatto appassionare alla giudiziaria. Voto dieci come collega, aggiungo una lode come amico, cosa farei ancora oggi senza i suoi consigli. Poi lungo il cammino ho trovato Anna, Catia, Alfredo, e tutti i colleghi della redazione umbra, maestri e compagni di viaggio.
E infine, quasi come per scommessa con il destino, a causa della mia infinita cocciutaggine, ho inviato il curriculum a Quotidiano.net, e quello che sto per dire non si tratta di una sviolinata a chi oggi mi offre l'opportunità di pubblicare questi pensieri. Vi racconto questo perché per me è stata una gratificazione trovare una realtà lavorativa del genere.
Mentre tanti altri piccoli quotidiani locali non hanno mai risposto alle mie richieste di colloquio, da Bologna ho ricevuto subito una chiamata. Ho avuto la possibilità di un primo incontro e poi di avere un colloquio con il direttore.
Io di fronte ad un "mostro" del giornalismo, potete immaginarvi la mia emozione e l'immensa gratificazione.
Dentro a quella stanza, tra me e me mi dicevo, ma allora la correttezza esiste ancora, il merito forse ha ancora un valore! Io ultima ruota del carro ero stata accolta con gentilezza e cordialità da uno dei professionisti che rappresenta il giornalismo italiano. Per non parlare di quando uscendo da quell'ufficio ho dato un'occhiata alla redazione. Per la prima volta ho visto tanti giovani. Una moltitudine di giovani! Ed è in quel momento che il mio senso di gratificazione, di speranza nel futuro, e di passione nel giornalismo sono arrivati ai massimi livelli storici.
Ecco una realtà diversa, esempio positivo di come dovrebbe essere il giornalismo oggi, e uno dei motivi, oltre al mio forte egocentrismo e alla mia indomita passione per questo mestiere, che mi fa continuare a voler fortemente fare questo lavoro.
Oggi compio 27 anni, non ho ancora un lavoro fisso, ma tanta volontà di averlo al più presto. Il mondo lavorativo italiano oggi non è a misura di giovane. In linea di massima è ristretto, gerarchico, e poco corretto. Fortunatamente esistono delle eccezioni, che non giustificano la mediocrità della restante parte, ma quanto meno incoraggiano un giovane a provarci.
Più tardi, soffiando quelle ventisette candeline sulla torta, scommetto che potrete immaginare quale sarà il mio desiderio, diventare anch'io parte di quell'eccezione!