Declassamento Italia: colare a picco è facile se l’equipaggio è pieno di “cuor di leone”

Cronaca

18 gennaio 2012
Anche l'Italia è stata declassata. Di due livelli, con il rating ridotto da A a BBB+. Secondo Standard & Poor's, la nazione scende all'ottavo dei dieci livelli “investment grade”, ma non è sola, è in compagna di Spagna, Portogallo e Cipro. E nel gradino appena sopra, con un declassamento di un solo livello ci sono Francia, Austria, Malta, Slovacchia e Slovenia. Confermato il merito invece alla Germania, che sembrerebbe farla da padrone in un immensa pianura di nazioni congelate, inermi e impotenti. C’è poco da gongolare Germania, il made in Germany non so proprio chi lo potrà comprare ancora.

Forse qualcuno c’è, almeno in Italia.

Gioiellieri, proprietari di stabilimenti balnerai, proprietari di yacht, o di macchine di lusso, tutti dichiaranti al fisco un’entrata mensile di circa mille e trecento euro, meno di un operaio di catena di montaggio per capirci. Eppure stranamente proprietari di beni di lusso. Certo che, in un paese normale, questo suonerebbe strano. In Italia invece una notizia come questa, confermata da dati dell’Agenzia dell’entrate, scorre via silenziosa, facendo un po’ di baccano tra l’opinione pubblica ma senza dar vita a prese di posizioni importanti da parte dello stato e creando ben pochi rossori in viso tra i “poveri” in questione.

Mezza nazione stenta ad arrivare a fine mese e una parte inizia a faticare già dopo il 15 di ogni mensilità. Dal governo ci chiedono sforzi, che, hanno ripetuto più volte, saranno equamente divisi. Imu, riforma pensionistica, l’iva che sembra quasi la rata di un mutuo per nababbi, e molto molto altro. Ci chiedono sacrifici, in nome e per conto dell’Italia e noi italiani, il popolo vero, tutti quegli italiani “sani” che portano realmente a casa mille e cinquecento o duemila euro al mese e non solo per il fisco, li stiamo facendo. Stringere i denti per superare la crisi. Signor sì abbiamo risposto. Per salvare l’Italia e tutti gli italiani dal precipizio.

Poi leggi i dati dell’Agenzia dell’entrate, vieni a sapere del blitz a Cortina (di quello che viene trovato e dell’incremento degli incassi, anche del trecento per cento, proprio nel giorno della visita degli ispettori), scopri che il Parlamento ha bloccato l’arresto di Cosentino, e infine ti trovi davanti agli occhi l’immane tragedia dell’isola del Giglio, e ti imbatti, per sfortuna, nella storia del comandante Schettino, né uomo né caporale a mio avviso, un poverino, immeritevole di altre più approfondite definizioni.

Ma questo comandante, badate bene, non è poi tanto diverso da quegli altri codardi di italiani che guadagnano centinaia di migliaia se non milioni di euro e denunciano al fisco di incassarne solo poco più di un migliaio al mese. Codardo il comandante della concordia, come codardi sono tutti questi italiani, che potrebbero ugualmente vivere nel lusso rispettando l’Italia e tutti i suoi cittadini, ma essendo quello che sono, mezzi uomini, preferiscono la via più facile, ai danni degli altri.

La notizia di oggi, relativamente al naufragio della Costa Concordia, è che al comandante Schettino, dopo l’interrogatorio di tre ore affrontato ieri, sono stati concessi gli arresti domiciliari.

Un interrogatorio fondamentale mi verrebbe da credere vista la decisione del gip. In queste tre ore di domande il comandante avrebbe assicurato di essere stato al comando della Concordia al momento dell'impatto e di non essere successivamente fuggito ma caduto in mare. La motivazione per cui non sarebbe risalito a bordo, semplice, la nave dopo l'urto con lo scoglio avrebbe avuto uno sbandamento di 90 gradi che avrebbe reso impossibile la sua risalita nello scafo.

Non voglio e non sono una colpevolista, eppure la caduta in mare, dopo tutte le registrazioni audio sentite, sinceramente regge poco. E ammesso che questo della caduta fortuita fosse la verità, un vero comandante, quello che uno si immagina da bambino, non sarebbe tornato in albergo in taxi prima della fine dell’evacuazione della nave. Sarebbe rimasto lì sugli scogli a darsi da fare come i tanti coraggiosi abitanti dell’isola del Giglio. Avrebbe  parlato e agito in mezzo a quella catastrofe con la stessa forza e lo stesso ardore del capitano De Falco, della capitaneria di porto di Livorno.

Ecco perché oggi non condivido nemmeno le parole della moglie del comandante Schettino, che secondo quanto riportato dall’Ansa, dice: ''Sentiamo il dovere di respingere con forza qualsiasi tentativo di delegittimazione della sua figura, invitando a comprendere la sua tragedia ed il suo dramma umano''.

Il dramma umano mi spiace ma non lo capisco, anzi non lo voglio capire. L’avrei capito, compreso, e forze avrei anche potuto superare il possibile ammutinamento se avessi visto, a terra, da quegli scogli, uno Schettino diverso, che fosse in primis, anche dal molo, il comandante della Concordia, e che si dimostrasse, soprattutto in quell’occasione, un uomo. Non un coniglio.

Sarà forse troppo schietta, ma non accetto nemmeno la giustificazione “sopraffatto dagli eventi”. Ogni lavoro ha i suoi rischi, e per questo deve essere formato e pronto per affrontarli. Il panico nell’affrontarli ci sta, è comprensibile, la lucidità nello scappare da quei pericoli no.

Visti questi fatti, non so se l’Italia si è realmente meritata il declassamento finanziario dal livello A a quello BBB+, certo è che, visti i tanti comandanti “cuor di leone” che popolano in vari settori il paese, si meriterebbe sicuramente un declassamento morale, una caduta a picco sino al gradino più basso della scala.
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