Dimenticati due volte, dallo Stato e dalla società

Como

21 gennaio 2013

Poveri contadini malati di pellagra, mentecatti e vagabondi, casalinghe isteriche o semplicemente malinconiche, bambini abbandonati dai genitori, operai e muratori alcolizzati ma anche emigranti meridionali e veneti che venivano cacciati dalla Svizzera quando davano segni di squilibrio. Sono quarantamila le cartelle cliniche conservate nell'archivio dello storico manicomio provinciale di Como, il San Martino, disseminate su un arco di tempo che va dal 1882 al 1999, anno in cui queste strutture furono chiuse per effetto della legge Basaglia. Storie di un’umanità terribile annotate a penna, prescrizioni di elettrochoc, centinaia di lettere dei malati alle loro famiglie mai spedite o, all'inverso, mai consegnate ai degenti, altrettante foto di pazienti, faldoni utili sia agli studiosi sia ai cittadini, di certo un atto d'accusa terribile verso una società cieca, egoista, reazionaria e retrograda.


 


Un patrimonio dell'immenso patrimonio culturale, storico e affettivo che l'Azienda ospedaliera Sant'Anna di Como invece di riconsegnare alla città, e magari ai parenti di quelle vittime, o a chi non vuole dimenticare questa pagina oscura della sanità, ha deciso di trasferire nei chiusi magazzini dell'Interporto di Parma. Accatastate dove nessuno può vederle. Candidate a essere dimenticate, come furono, in vita, quei quarantamila internati.


Twitter: @corradocattaneo

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