Il Paese sereno

Cronaca

27 marzo 2012
“In Parlamento ci sono i margini per modificare alcune norme”. “Non si puo' minacciare una crisi di governo ogni volta che c'è un'ipotesi diversa” da quella indicata dall'esecutivo. Se ancora ce ne fosse bisogno, la conferma dell'influenza della Cgil sul Pd, che, appunto, ubbidientemente, si impegna a correggere le “lacune” sui licenziamenti economici della riforma del lavoro. Ecco svelato perché il Paese, stando alla segretaria del sindacato rosso, “è sereno”. La scommessa è sul fatto che il testo approvato dal governo sarà probabilmente fatto “in polpette”, proprio come nel peggiore incubo di Elsa Fornero. Proprio a conferma del sospetto sollevato da Mario Monti nel suo 'editto' da Seul.

Unica concessione, per ora, da parte della Cgil – sullo sfondo gli scontri al corteo dei metalmeccanici di Roma - è nello slittamento dello sciopero generale, che non sarà immediato ma, a dire della Camusso, dovrebbe comunque attendere gli esiti parlamentari. Con un po' di malizia, verrebbe da dire: altra conferma che il più grande sindacato italiano (5milioni e settecento iscritti nel 2010), pur non essendo riuscito a bloccare la riforma con la vecchia modalità della concertazione, confida ora di raggiungere gli stessi obiettivi indirettamente, tramite le sue 'propaggini' parlamentari.

In tutto questo, solito teatrino delle contrapposizioni ideologiche, è mancato ancora una volta un confronto nel merito. I nostri leader sindacali si sono rimpallati frecciate e responsabilità sulla modifica dell'articolo 18.

Sarebbe stato utile far confliggere analisi basate su dati invece che su veti. Ricordando cose così:

  • E' vero che le aziende interessate dall'articolo 18, quelle con più di 15 dipendenti, sono solo il 3%, ma è altrettanto vero che quasi due lavoratori su tre (il 65,5%) sono tutelati da questo provvedimento (fonte Cgia di Mestre).

  • Il reintegro nel posto di lavoro come rimedio normale ed esclusivo in caso di licenziamento valutato come illegittimo dal giudice esiste nell'Unione europea oltre che in Italia solo in Austria e Portogallo. In altri Paesi il reintegro è previsto in teoria ma il giudice su richiesta delle parti può non disporlo (Germania) o il datore di lavoro può rifiutare la reintegrazione pagando un compenso aggiuntivo (Regno Unito). Fonte: 'I licenziamenti individuali in Italia e nell'Ue' a cura di Franco Toffoletto e Emanuela Nespoli'.

  • Tra il 2009 e il 2010 hanno perso il lavoro più di 500mila persone nelle grandi, medie e piccole aziende. Ma in un decennio le cause sfociate in reintegro saranno state sì e no un migliaio

  • E' vero che l'Ocse, la Ue, illustri opinionisti internazionali lodano la riforma del lavoro del governo Monti ('Monti si ispira alla Thatcher' dice il Wall strett Journal) ma forse nemmeno l'Europa aveva chiesto tanto al nostro governo: sì all'indennizzo – era il diktat – ma solo per i nuovi contratti e senza escludere il reintegro per motivi economici.


Ognuno ne tragga le proprie conclusioni.


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