Quindici anni buttati

Cronaca

28 aprile 2012
Siamo tutti in balìa della crisi. Le ultime notizie in arrivo da Madrid, per esempio, fanno quasi passare l'Italia per una prima della classe. Ma molti dei Paesi che ora arrancano, prima della tempesta almeno hanno conosciuto un loro periodo di gloria. Noi no, noi abbiamo perso quindici, venti anni. E basta.

 SPAGNA

Prima dell'inferno, il miracolo economico. Nel decennio dorato (1997-2007) gli spagnoli, a differenza di noi, hanno saputo mettere a frutto i fondi europei. Città come Barcellona o Valencia si sono rifatte il look. Nuove infrastrutture (7mila chilometri di alta velocità, tanto per fare un esempio) hanno trasformato il Paese rurale di 30 anni fa in una nazione moderna. Fino a 5 anni fa la Spagna viaggiava a un ritmo del 3,5% di crescita, era il modello da seguire in Europa, chiunque – prima che esplodesse la bolla immobiliare - poteva ottenere un prestito per comprare casa. La disoccupazione da panico di oggi al 24,4% (con un giovane su due senza lavoro) si fermava all'8,3% nel 2007. Il rapporto debito/Pil 5 anni fa era al 34% (nel 2012 le stime parlano del 78,5%). I giovani oggi scappano, ma fino a qualche tempo fa la penisola iberica era la meta più ambita per trovare un impiego e vivere una vita ricca di opportunità. Ora che tutto salta, assieme ai drammatici errori commessi restano anche impronte positive, indelebili.

 IRLANDA

Che dire di un Paese già soprannominato 'tigre celtica'? E' stato il primo in Europa a entrare nell'attuale crisi globale ma, precedentemente, aveva goduto di una crescita economica impressionante con turismo e costruzioni al traino dello sviluppo. E le tasse? Molto basse, soprattutto per le imprese (corporate tax al 12,5%, contro una media altrui al 23%).

 GRAN BRETAGNA

Prima di finire in recessione (anche se non ancora tecnica), il Pil inglese cresceva a ritmi meno peggiori degli altri (due anni fa il rialzo più forte del decennio). Il livello più alto di disoccupazione in molti anni non ha mai sfondato il tetto a due cifre. Il baby boom del 2008 ha allietato gli inglesi e le infrastrutture sono e restano di buon livello: Londra capitale del mondo con i suoi 6 aeroporti (130 milioni di passeggeri all'anno). Crisi o non crisi, poi, c'è la gloriosa Borsa di Londra, che va pressoché sempre meno peggio di tutte le altre del vecchio continente. La City: oltre 500 banche, centinaia di società finanziarie, il più grande mercato valutario al mondo e maggiore piazza per i derivati sui tassi d'interesse con ricavi da 1400 miliardi di dollari al giorno. Certo gli inglesi, a differenza di noi, sono molto più indebitati, ma negli anni hanno tessuto le reti che pareranno un po' i colpi della crisi.

 E NOI?

Possiamo dire di aver avuto qualcosa di positivo negli ultimi anni? Perché noi andiamo male e siamo sempre andati malino?

Una risposta la dà l'economista Giacomo Vaciago (Sole 24 ore, 26 aprile): “Non abbiamo solo (dal terzo trimestre 2011!) una recessione da austerità; quella iniziata ancora prima non era solo una crisi finanziaria dovuta alla speculazione; da 15 anni abbiamo anche un problema di mancata crescita. Oggi abbiamo assieme tutte e tre le cose: siamo in recessione, la crisi finanziaria non è finita; e manca sempre la crescita. Ciò spiega la gravità dell'odierna sofferenza economica e ancor più sociale”.

 

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