“E' vero, stringo sempre le mani a tutti. Lo faceva mio padre barbiere in negozio: non è strumentale, mi viene automatico. Io sono così”. Ed era davvero così con chiunque, il Cev. Con il presidente della Repubblica in visita ufficiale sotto le Due Torri e con l'umarell accolto da star alla pesca della Festa dell'Unità. Una foto ricordo con la cinquemillesima coppia sposata in Comune, l'ennesima ospitata - si è perso il conto – nella trasmissione calcistica locale, capace, com'era, di sorbirsi fino alla fine, senza inventare scuse per darsela a gambe, la più sconosciuta delle tombole di beneficenza di quartiere. Ma anche di parlare ai giovani, quelli 'fighetti' – qui si chiamano così i rampolli della città bene - e quelli rabbiosi dei centri sociali.
Per questi dettagli (?) a Bologna oggi sventola bandiera a lutto. E' un altro choc per chi già due mesi fa è rimasto orfano di Lucio Dalla. Maurizio Cevenini era l'incarnazione di cosa voglia dire fare politica in mezzo alla gente. Una perla rara di questi tempi. Su internet, per dire, aveva dovuto aprire più di un profilo Facebook. Al termine di ogni partita del Bologna FC (ne ha mai persa una?) era costretto a uscire dallo stadio tra gli ultimi tanti erano i tifosi che pretendevano di confrontarsi con lui. E' stato imbattuto recordman di preferenze alle ultime elezioni regionali. Chissà a quanti impegni privati avrà rinunciato per essere sempre a Palazzo d'Accursio (in Comune), la domenica mattina, a celebrare matrimoni.
Il Cev arrivava puntuale per chiunque, con la sua Smart bianca dalle bande rossoblù. Soprattutto ha dato se stesso al Pci-Pds-Ds-Pd, non sempre ricambiato. Impossibile dire quanto abbiano pesato dentro di lui le voci maligne che attribuivano la ritirata di due anni fa dalla corsa alle primarie per diventare sindaco alla mancanza di coraggio più che all'ischemia. Molti pensarono e scrissero che forse non sarebbe stato un candidato abbastanza qualificato (figurarsi, nella città del sindacalista in cerca di visibilità Cofferati o dello scandalo Delbono!). Certo è che Cevenini quell'obiettivo non è riuscito a centrarlo: “Rinuncio al sogno della mia vita” disse con gli occhi lucidi quando annunciò la ritirata per malattia.
Eppure, come aveva già fatto tante altre volte in passato, generosamente si era poi messo a disposizione del partito, tirando la volata all'attuale primo cittadino Virginio Merola. Gli erano rimasti un posto in Regione e uno da consigliere comunale. Più che i soldi o la fama – la promessa di essere messo in lizza alle prossime politiche - avrebbe forse gradito solo un minimo di visibilità in più (la presidenza del Consiglio comunale). Tutto si può dire, tranne che il Cev non sia stato un politico per la sua gente prima che per se stesso. Di quanti altri politici si può dire una cosa così?