Nemmeno due mesi di campionato e già striscia l’ipotesi di modificare la formula del campionato, togliendo le retrocessioni. Bell’idea, soprattutto tempestiva: il volley, come sempre, è arrivato in anticipo. Si è reso conto che la crisi strangola i club e si è adeguato: senza offesa, non ci voleva molto. Sotto canestro ci si sveglia adesso che Caserta ha il fiato corto e altri rischiano di seguirla presto: ognuno ha i suoi tempi. Peccato che quanto emerge ora fosse cosa nota da un pezzo: purtroppo, quando affiora un problema, in Lega sono puntualmente girati dall’altra parte.
A un passo dall’ennesima stagione falsata (Caserta ‘regala’ agli avversari due americani e ha motivato gli altri giocatori invitandoli a trovarsi un’altra squadra), ecco la geniale pensata, il padre di tutti i salvagenti: una stagione senza rischiare di andar giù. Il rimedio perfetto, oltre che estremo: consentirebbe di non svenarsi sul mercato e di costruirsi i giocatori in casa. Cosa che, visto il livello degli stranieri, si potrebbe tranquillamente fare anche adesso, come qualche club dimostra: ma qui, se non si codifica tutto in astruse formule algebriche (sette più tre, cinque più cinque col riporto di due, tre mulatti di mamma svedese più due comunitari che almeno una volta abbiano visto il Colosseo) non ci si prova nemmeno. Bloccare le retrocessioni non basta a guarire la serie A: in questo modo, chi non è in grado di nuotare resterebbe ancora a galla. Il campionato va invece ridisegnato interamente, sulla base di requisiti sicuri: ovviamente, il primo è la solidità economica di tutti i club. Chi non offre totali garanzie, si accomodi: per subentrare, c’è la fila. Verona, Trieste, la riunificata Fortitudo: l’offerta è ottima e pure prestigiosa. Per non dire di Casale, lasciata retrocedere un anno fa quando tutti sapevano che Teramo, splendida per come si batteva sul campo, aveva il destino segnato a livello contabile.
Solida, senza retrocessioni, magari autonoma negli arbitri e nelle strutture come la Nba, anche se con Petrucci alle porte sembra un’ipotesi remota: alla nuova A servirebbe solo un’immagine migliore. Nel senso di tv: più triste della media di spettatori che hanno seguito Siena-Milano (154mila) c’è chi osa dire che è stato un risultato di rilievo. Per non dire dell’introvabile La7d, che cambiando orario ogni settimana ha scalato, per non dire scavato quota 9mila ascoltatori: chi ha chiuso le porte a Sky, sostenendo che faceva ascolti bassi forse perché non inquadrava abbastanza i presidenti, adesso ha la visibilità che merita. La frase della settimana. «Chebolletta ha il piacere di invitare tutti i tifosi di Cantù a un pranzo di pesce a Fano per stigmatizzare l’attesa della partita» (il sito di Cantù merita tutta la nostra stigma).