AGLI ERRORI si può rimediare: specialmente quando c’è chi è in grado di farlo. Il tempo di ripresentarsi e Gianni Petrucci ha risolto in cinque minuti un problema sul quale i club si limitavano a bofonchiare: far capire all’Osservatorio sulle manifestazioni sportive che qualcosa non funziona se a preoccupare sono le trasferte di pochi tifosi del basket e non gli agitatissimi esodi degli ultrà del calcio. Ha evitato ai consulenti del governo di far la figura di quei vigili urbani puntualissimi quando c’è da fare le multe all’uscita delle scuole, ma introvabili quando si scatena il traffico. Soprattutto, ha consentito alla Final Eight di essere un evento vero, almeno sugli spalti.
Adesso sarebbe bello che il presidente di ritorno risistemasse i campionati, evitando un scempio che gli è toccato ereditare: la sparizione della LegaDue. Chi l’ha decisa, pensava probabilmente di passare alla storia come innovatore: di memorabile qui c’è solo la confusione. Al basket che ha bisogno di rialzarsi è stato disegnato un futuro indecifrabile, con formule da villaggio vacanze (Gold, Silver: manca il bronzo, ma per quello ci sono le facce di tanti pensatori). E’ una riforma che costringe a rivedere anche il celebre concetto del Gattopardo: cambiare tutto per cambiare in peggio.
CARO PETRUCCI, se è vero che le cose funzionano quando i benefici sono superiori agli svantaggi, ci pensi bene prima di dare un colpo di spugna all’unico vero campionato che migliora il basket. Non servono analisi per capire che in un basket dove l’élite ha progressivamente perso qualità e appeal, la LegaDue è l’alleato migliore perché fa crescere:
1) i giovani. Da qui, per restare ai più recenti, sono partiti Melli, Cervi, Stefano Gentile e Moraschini, da qui provano a decollare Cournooh, Michele Vitali e Tessitori. Citando a caso, perché ce ne sono altri.
2) gli allenatori. Qui Paolino Moretti ha fatto vedere di esser da corsa per panchine importanti, qui Pozzecco sta dimostrando di poter fare questo mestiere. E senza la LegaDue il più bravo a svezzar talenti, Stefano Salieri, non si sarebbe tolto l’etichetta di buon tecnico, ma da categorie inferiori.
3) i dirigenti. Qui ad aiutarli c’è un ambiente più compatto rispetto ad una Lega di serie A spaccata dagli interessi di bottega. Spesso, di una soltanto.
4) le società. Da qui sono ripartite Virtus, Pesaro e Venezia, da qui si sta rialzando la Fortitudo. Da qui, chissà, potrebbe ricominciare fra un anno anche Treviso.
5) gli arbitri. Sì, persino loro, se accettassero l’invito ad allenarsi con le squadre: imparerebbero e farebbero imparare. E’ stato proposto loro da tempo: la risposta non è ancora arrivata.
La frase della settimana. «Bryant a Reggio è fantabasket? Chissà... Quando si parla di campioni di questo calibro sono sempre favorevole» (Ivan Paterlini, presidente di Reggio Emilia, conferma di non esser uno che va tanto per il sottile).