Ditelo con un tweet: le critiche agli arbitri sono solo un cinguettìo

Basket

11 marzo 2013
DEVE avere qualcosa di speciale questo periodo dell’anno se spinge i giocatori, gli azzurri in particolare, a sfogarsi contro gli arbitri via twitter. Un anno dopo Gentile, che spedì in rete un fotomontaggio di tre direttori di gara con la canotta del Montepaschi, ecco Hackett, con meno fantasia: a lui, guardando in tv il ko della sua Siena a Milano, è bastato dedicare ai fischietti poche parole («E’ uno schifo! Vergognatevi»). Sentite, ma anche lette da chi amministra la giustizia dei canestri: per quanto virtuale, twitter è pur sempre una piazza, bellezza.
Al procuratore Alabiso, che ascolterà oggi il giocatore, il compito di ripercorrere il rituale costato a Gentile un semplice buffetto (un turno di stop, dribblato con l’ammenda). Ai giocatori e ai club un doveroso ringraziamento: esprimendo per via diretta i loro pensieri più intimi, evitano ai giornalisti di prendersi la colpa per avere capito male. E’ il bello del basket, e della vita, ai tempi della rete: ci si tiene lontani dalle interviste, concesse col contagocce e nei giorni comandati dagli uffici stampa, per poi consegnarsi ai propri seguaci con autentici colpi a effetto, spesso geniali. Frasi che a un giornale non verrebbero mai rivelate, ma che al proprio pubblico vengono servite in tempo reale: a questi fuoriclasse della comunicazione forse sarebbe il caso di spiegare anche cosa significhi ‘pubblico’.
CAMBIANO i tempi: dal Gentile padre, considerato l’uomo dell’ultimo tiro, come recita il titolo della sua fortunata biografia, siamo passati al Gentile figlio, uomo dell’ultimo tweet. E dall’Hackett padre, esempio di rigorosa professionalità e di equilibrio, siamo arrivati all’Hackett figlio, un talento anche nel campo dei social network. Di lui si ricorda ancora il messaggio di calorosa accoglienza preparato per Kobe Bryant, nei giorni in cui la Virtus corteggiava il fuoriclasse dei Lakers: «Ho da spendere cinque falli e saranno i più duri che abbia mai speso se davanti a me ci sarà il numero 24», scrisse su Facebook. Un tocco di stile che il suo club di allora, Pesaro, deve aver persino condiviso, visto che non prese alcun provvedimento. Siamo davanti agli apripista di un nuovo genere, al quale il basket non poteva certo restare immune: seguendo modelli già in voga, presto i club comunicheranno via twitter esoneri di allenatori, cambi di americani, spostamenti di orario e via dicendo. Niente di sorprendente: quando uno sport ha poco da dire, non gli resta che cinguettare.

La frase della settimana. «Ci mancava anche il primo infortunio muscolare in carriera» (Peppe Poeta, regista Virtus, saluta via twitter la privacy).
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