Il Tavolo dell'Unità - unione di una ventina di partiti "né di destra né di sinistra" - cercherà il 7 ottobre di sconfiggere Hugo Chavez che dal 1998 guida quella che lui ha voluto chiamare la Repubblica Bolivariana del Venezuela, in onore di Simon Bolivar, il Libertador, che a inizio Ottocento fece quello che Chavez ha vaticinato per anni senza riuscirci: fondere in un unico Stato - ovviamente sotto la sua guida - Colombia, Bolivia, Perù e ovviamente Venezuela. Altri tempi, spiriti romantici e battaglie nelle foreste. Chavez è un presidente "forte" per molti, un dittatore pericoloso e capace di combattere i suoi nemici con le armi spargendo molto sangue per altri. Certo i suoi alleati non sono o non sono stati dei grandi diplomatici: Fidel e ora Raul Castro, non proprio l'esempio della democrazia soprattutto nei diritti umani; Gheddafi, e basta la parola; Ahmadinejad, che proprio pluralista non è; Ortega, rivoluzionario militante. Il dato di fondo di ognuno è l'odio viscerale nei confronti degli Stati Uniti (e di conseguenza di Israele), qualunque Presidente abbiano alla guida. L'"imperialismo" americano va combattuto, punto e basta. Diciamo che la sponda meno populista e più rappresentativa fra i grandi è stata quella di Lula e della Cristina Fernadez, esponenti di spicco della sinistra riformista latino americana, anche se Lula voleva spingersi oltre. Meno appeal Chavez lo ha con la successora di Lula (a entrambi lo lega la lotta al cancro), Dilma Rousseff, che deve mantenere il primato in patria dove rischia di venire sopraffatta dalla corruzione e quindi più del suo predecessore ha bisogno di un dialogo sereno con gli Usa.
Dicevamo della Mesa de la Unidad Democratica, la coalizione che vuole battere Chavez e che ha svolto di recente le primarie per scegliere il proprio candidato. Sarà Henrique Capriles Radonski, 39 anni, avvocato, governatore dello Stato di Miranda, il secondo del Paese come popolazione dopo quello di Zulia (di questo è capoluogo Maracaibo, dell'altro Los Teques), originario di una famiglia ebrea fuggita al nazismo dalla Polonia (ma lui cattolico), il più giovane deputato del Paese quando venne eletto a 26 anni nel 1998. Da sempre avversario di Chavez, si fece quattro mesi di carcere perché fu accusato di essere uno degli ideatori del tentativo di golpe del 2002. Nel 2004, quando era sindaco di Beruta, fu comunque assolto da ogni accusa e riprese la sua attività politica nel partito Primero Justicia. La sua larga vittoria alle primarie (il 62,2% dei voti) fa sperare le opposizioni riunite più in senso anti Chavez che per ortodossia ideologica. "Siamo qui - ha dichiarato - per costruire un futuro diverso per tutti i venezuelani, non è l'ora della destra o della sinistra, è l'ora del Venezuela, di tutti i cittadini. Uniamo il Paese".
La reazione di Chavez è stata sprezzante: il leader ha 57 anni e dice di aveve vinto un male terribile e che Capriles gli farà un baffo. Cuba fa subito da sponda all'alleato: Capriles, dice il quotidiano governativo dell'Avana, il mitico "Granma", voleva assaltare l'ambasciata dell'Isla Grande a Caracas nel golpe anti Chavez e ha comprato i voti delle primarie. E poi è un "feroce esponente della destra". Non sarà una campagna elettorale facile. Ma almeno un successo Capriles l'ha ottenuto: alle primarie ha votato il 16% degli aventi diritto, un dato che supera ampiamente le speranze della "tavola", che puntava al 10%. Un fronte anti Chavez, comunque, esiste.