Brasile scavalca la Gran Bretagna: è la sesta potenza mondiale

Cronaca

6 marzo 2012
Beata Dilma che può lamentarsi per un Pil che in Brasile è salito nel 2011 "solo" del 2,7% (nel 2010 aveva registrato un clamoroso +7,5%) e che può dire che "la crisi pregiudica la nostra crescita". Dall'Italia in recessione dovrebbe ricevere mille inchini e stavolta la Rousseff avrebbe tutte le ragioni del mondo nel reclamare rispetto e congratulazioni. Eppure si lamenta, ma lancia anche un progetto che è molto tassativo: "Faremo in modo di ampliare ogni volta di più il nostro tasso di crescita in maniera sostenibile, rispettando l'equilibrio macroeconomico con finanze pubbliche e struttura fiscale solida".  Però, chiede anche che ogni Governo faccia in modo di poter superare, "trovando le migliori forme di cooperazione",  questo periodo "ostile dell'economia internazionale". Fa bene a battere i pugni Dilma, e a chiedere di non accontentarsi, ma fa bene anche quando gioisce, visto che sì il Paese è cresciuto meno di quanto ci si aspettava (colpa di un quarto trimestre quasi stagnante, al +0,3%), ma ha raggiunto un vertice dove mai prima era arrivato: il sesto posto fra le economie mondiali, avendo superato, nel calcolo del Pil, la Gran Bretagna: 2.520 miliardi di dollari contro i 2.480 dei sudditi di Sua Maestà impelagati in un 2001 solo allo 0,8% in positivo. Dilma che spinge sull'acceleratore. Che dice al ministero dell'Economia di studiare una soluzione per recuperare il terreno perso. Ci piace. Ma mi fa porre anche una domanda: noi che cosa dovremmo fare?

Il Brasile, dunque,  rappresenta in tutto e per tutto il futuro dell'economia mondiale. Il ministro delle Finanze, Guido Mantega, di origini genovesi, decanta i successi del Governo. Dilma non ha avuto paura a fare fuori i suoi ministri che puzzavano di corruzione (che poi lo siano davvero corrotti saranno i gradi di giustizia a deciderlo, ma già in sette se ne sono andati) e così Brasilia e il Bric marciano a tappe forzate verso i vertici del benessere, pur ancora alle prese con sacche di disagio che non siamo qui a nascondere, tutt'altro. Però quell'acronimo così tempestoso (Brasile, Russia, India, Cina) sta sconvolgendo i cosiddetti Paesi industrializzati e quelli sempiternamente considerati "in crescita" lo hanno fatto così bene  che stanno sopravanzando gli altri, con la Cina salita al secondo posto. Che molti strati della società, in Brasile, siano ancora vicini alla povertà non è un mistero, ma i miglioramenti sono stati così importanti che la famne è stata in pratica debellata e che la disoccupazione è ben sotto la nostra. Si cerca di calmierare l'inflazione, che qualche problema lo dà, ma anche in questa direzione i ministri di Dilma si stanno muovendo.

Fra un anno con la Giornata mondiale della gioventù, fra due con i Mondiali di calcio e fra quattro con le Olimpiadi, il Brasile e soprattutto Rio de Janeiro misureranno le loro definitive capacità. Intanto hanno respinto al mittente tutte le accuse di essere in ritardo sugli stadi e le infrastrutture per i Mondiali. "Ci sarà qualche problema ora - hanno dichiarato le autorità di Brasilia -, ma state tranquilli che al momento opportuno tutto sarà risolto". La Fifa  prima ha accusato e poi ha chiesto scusa. "Non siamo più una colonia", gridano carioca, paulisti, bahiani e mineiri. Lo speriamo anche a nome dei tanti italiani che vivono laggiù.
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