Cammino a fianco di una persona che parla e faccio fatica ad ascoltare.
Non mi interessa quello che dice, non perché di per sé non sia interessante, ma perché io non riesco a trovarne interesse.
Perché ho perso interesse nella persona.
Così come è vero il contrario, se mi interessa una persona trovo interessante scoprire se va in ufficio in treno o in macchina.
Le voglio bene perché il bene riempie scanalature della vita che si sono costruite con il tempo e con i gesti.
Ma penso che quell’ora passata con quella persona è come fosse un’ora vuota. E mi monta dentro un’impazienza difficile da gestire.
Mentre parla penso ad altro, forse a un’altra persona a quanto quelle stesse cose dette mi riempirebbero il cervello di domande, commenti, curiosità. Un po’ mi dispiace, naturalmente.
Cammino a fianco di una persona e sorrido, rido, mi diverto, mi incuriosisce, faccio battute che solo lei comprende perché con il tempo si è sviluppato il “nostro linguaggio”.
Dice Eugenio Finardi, in una bellissima canzone, “io ti amo per come mi ami tu”. Detta così sembrerebbe che se una persona ci ama, automaticamente noi ricambiamo il suo amore. Non è così. L’attrazione reciproca, il desiderio di stare insieme è qualcosa che nasce spontaneamente e non si sa ancora il perché, cosa succeda, perché con una persona sì e con un’altra no.
E’ però vero, che quando quel qualcosa è scattato, è il modo con cui l’altro ci ama (e si può trattare sia di un amore passionale che platonico) che ci affascina, che ci fa scoprire nuovi modi di vedere noi stessi, che ci fa venire la voglia di fare o di dire cose a cui mai avremmo pensato, scoprire nuove realtà, desiderare di condividere delle situazioni.
Il modo di vederci, di trattarci, di considerarci dell’altro ci fa scoprire cose nuove di noi stessi e fa sì che quell’incontro diventi appassionante e arricchente.
E fa sì, molto probabilmente, che quella persona “ci ami per come la amiamo noi”.
E poi succede che capitano delle cose e se non ne condividiamo il racconto con quella persona è come se fossero successe a metà, come se il gusto del loro accadimento avesse più sapore se ascoltato il punto di vista dell’altro.
Cammino a fianco di una persona e penso a cosa ci faccio lì, perché non vorrei essere lì, ma da un’altra parte. E’ un po’ malinconico, provo a raccontare un episodio, ma mi rendo conto che non provo quella soddisfazione che proverei raccontando la stessa cosa a chi solo sentendomi parlare avrebbe già sorriso al momento giusto, mi avrebbe già presa in giro per quello che starei per dire e sapesse esattamente cosa intendo dire, non perché è più intelligente, ma perché mi sta ascoltando davvero