Quei rottamatori della Lacerba / La politica 100 anni fa? Come oggi

Cronaca

8 gennaio 2013
Rossella Martina
Trionfo dell’antipolitica, rottamazione del vecchiume al potere, uso spregiudicato dei nuovi media, comizi trasformati in spettacoli. Libertà, bizzarrie, insulti che infiammano le piazze. Eccessi, provocazioni, maleducazione. Accuse al sistema parlamentare, messa in discussione della democrazia. Gente che fa tutt’altro mestiere e che si improvvisa politico.
Vogliamo mettere una data a questo quadro? Mettiamola: 1913.
Già, cento anni fa.
La data può essere anticipata di qualche anno o posticipata, ma il periodo è quello. Abbiamo scelto il 1913 perché è l’anno in cui inizia le pubblicazioni la rivista fiorentina “Lacerba”, costola de “La Voce” fondata cinque anni prima da Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini. Quest’ultimo, assieme a Ardengo Soffici, lascia “La Voce” e fonda “Lacerba” il cui nome è un omaggio a Cecco d’Ascoli, uno dei tanti uomini di studio messi al rogo dall’Inquisizione (nel 1327 a Firenze) autore del manuale scientifico .
Papini e Soffici, sempre più vicini al futurismo e al surrealismo, accolgono tra i collaboratori de “Lacerba” Dino Campana, Aldo Palazzeschi, Giuseppe Ungaretti, Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Guillaume Apollinaire.
Uno straordinario manipolo di giovani artisti – poeti, scrittori, pittori - che ha in spregio la cultura borghese, il passatismo dei ‘rimbecilliti’ e persino il buon senso e la serietà, tantopiù “i grand’uomini olimpici e perfetti venerati dai professori”.
Il loro messaggio è chiaro: “esautorazione dei morti, dei vecchi e degli opportunisti in favore dei giovani audaci”. Il termine ‘rottamazione’ non esisteva ma il concetto evidentemente era già ben strutturato.
“Freghiamoci dei politici” scrive Papini e anche lui di lì a pochi anni, proprio come alcuni nuovi leader odierni, finirà per confrontarsi con Gesù scrivendo una “Storia di Cristo”.
Anche per questo gruppo di intellettuali – come accade dal nostro mondo dominato dall’economia – gli studi classici sono perdita di tempo, meglio “scuole pratiche di commercio, industria e agricoltura”.
Idolatrano tutto ciò che è veloce e sono fautori della comunicazione di massa: immaginate come avrebbero amato il web e che uso spregiudicato ne avrebbero fatto!
Come sappiamo erano molto litigiosi e se un giorno erano assieme a creare scandalo lanciando “parole in libertà” dure come pietre, il giorno seguente si erano già presi a pugni e separati. “Nella carne dell’uomo dormono le ali” scriveva Marinetti ma non avrebbe esitato a tagliarle a qualche “lento mellifluo e sentimentale retrogrado”, in altre parole a tutti coloro che per lui erano conservatori.
Era l’epoca del Superuomo, colui a cui “solo intelligente e spregiudicato” tutto è permesso e tutto è legittimo. Del resto i lacerbiani, pur non avendo da difendere l’Euro, sentenziavano: “vadano le nazioni in sfacelo, crepino di dolore i popoli se ciò è necessario”.
Come è andata a finire lo sappiamo: il gruppo de “Lacerba” si dissolve nel 1915 dopo avere battagliato con successo affinché l’Italia entri in guerra (la famosa “igiene del mondo”). Il futurismo è ormai impregnato di nazionalismo, destinato a unirsi di lì a poco al movimento creato da un certo Benito Mussolini. Un signore che senza avere vinto le elezioni verrà incaricato di formare un governo. I partiti tradizionali pensano di liberarsene in pochi mesi. Resterà venti anni.
In Russia invece il Futurismo si fa esaltatore e complice del bolscevismo. In ogni caso si trascina verso estremi temibili e, speriamo, irripetibili. Vale però la pena vigilare.
Resta da aggiungere a onor del vero che se politicamente il gruppo de “Lacerba” e più in generale il Futurismo italiano hanno fallito molto dolorosamente, dal punto di vista dell’arte e della creatività la loro eredità è immensa, ha influenzato tutto l’Occidente e ancora oggi mantiene la sua vitalità. Non sembra ci si possa aspettare simili geniali performance dai loro epigoni cento anni dopo.
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