Eccoci qui, sto per affrontare la mia prima missione all’estero e non nascondo di essere molto emozionato. E’ la mia prima missione: l’ho aspettata da molto tempo, ho fatto parecchi sacrifici per poter arrivare preparato alla partenza ed adesso mi sento pronto. Il fatto che sto per affrontare una missione UNIFIL mi rende ancora più entusiasta e questo riesce a mescolarsi con gli altri pensieri, quelli che coinvolgono la sfera familiare e personale. Arriva finalmente giovedì 8 novembre, bagagli fatti, bimbi e moglie salutati, davanti a me questo enorme aereo: sono a Pratica di Mare e so che con quell’aereo inizierò un nuova esperienza di vita. Mentre salgo le scalette, un leggero brivido di vento mi prende e scompare un attimo dopo, come a portarsi via tutti gli ultimi pensieri del momento. Mi guardo intorno, l’unica divisa blu in mezzo a tutte quelle dell’esercito.
Qualcuno mi guarda stranito ed io incrociando quello sguardo mi chiedo se sarò pronto per questa missione. Durante il viaggio non mi perdo d’animo e cerco un contatto con qualche ragazzo, anche per alcuni di loro è la prima missione ed insieme immaginiamo di come sarà il posto, si cerca di indovinare in quanto tempo si arriverà. Dopo un viaggio di 18 ore arriviamo in base e nella testa un solo pensiero: avanti tutta senza mollare. Dopo il mio arrivo i primi giorni sembrano volare, mi guardo un po’ intorno, capisco di essere arrivato in momento molto importante: da lì a poco la Brigata Friuli prenderà il comando e come conviene ad ogni occasione si studiano tutti i particolari, si fanno le prove degli schieramenti, viene preparata la tribuna, nessun particolare è lasciato al caso. Intanto nel mio piccolo prendo conoscenza del territorio, studio la cartina, memorizzo le località principali e chiedo qualche consiglio a colleghi che hanno già esperienza di missioni.
Arriva il giorno del cambio e mi rendo conto di quanto importante sia questa missione, di quanti Stati coinvolga, di come un’unica organizzazione riesce a mettere insieme tutte queste persone per un solo scopo comune. E’ l’occasione giusta per conoscere nuove culture e fare nuove esperienze, d’altronde me lo sono prefissato fin dal primo giorno: questa deve essere una missione dalla quale devo rientrare con un bagaglio culturale e professionale molto più ricco di quando sono partito. Dopo la cerimonia, in mensa, inizio a fare conoscenza di alcuni soldati di altri Stati con i quali scambio idee, opinioni, ma soprattutto le emozioni del momento. Passato il cambio della Brigata mi dedico al lavoro d’ufficio: non è facile abituarsi in un altro contesto, ma guardo, osservo, ascolto e prendo nota di come il lavoro venga svolto in modo da potermi ambientare velocemente. In base faccio le mie prime pattuglie a piedi dove mi vengono insegnati i punti più importanti e inizio a capire le varie sigle degli uffici: insomma mi sento un po’ come uno studente al primo anno.
Ogni giorno faccio sempre nuove amicizie con ragazzi dell’esercito, scambio opinioni ed idee e la sensazione di essere un “pesce fuor d’acqua” va via via scomparendo. Certo, so che come carabiniere sono qui con dei compiti ben precisi, ma prima di tutto voglio cercare di abbassare quella sottile diffidenza che a volte si trova con qualche interlocutore. Penso, avrò tempo, piano piano ce la posso fare ed anche questo sarà come fare una nuova esperienza. Un sabato guardando fuori dagli uffici vedo un gruppo di francesi che stanno mostrando al personale presente all’interno della base, i loro mezzi e le loro armi: vado subito a vedere e, grazie all’aiuto di un collega che parla il francese, parliamo dei vari modi di lavorare e delle peculiarità di attrezzature e armamenti; un altro scambio di idee ed argomenti tra soldati UNIFIL.
Iniziano le pattuglie esterne, compito molto delicato da affrontare ogni volta come qualcosa di nuovo e mi sento di mettere in pratica quello che fino a pochi giorni fa affrontavo solo come teoria. Ci sono anche i primi contatti con la popolazione del posto, incuriosito osservo il loro modo di vivere. Molti abitanti del luogo apprezzano l’operato di UNIFIL confidando di sentirsi più sicuri con la nostra presenza. Tra i vari villaggi che incontriamo si aprono estesi spazi aperti completamente abbandonati alla natura che creano quell’aspetto un po’ selvatico e rude del Sud del Libano ma che riesce perfettamente a sposarsi con l’alternanza delle piantagioni di banane e arance, che vengono curate nel minimo particolare; spesso lungo le strade spesso ti imbatti in contadini che vendono direttamente dal loro carretto la frutta raccolta; mi fa venire in mente alcune immagini tipiche dell’Italia anni ’50, quando anche da noi succedeva la stessa cosa…. Dicono che tutto il mondo è paese e forse il detto non è così sbagliato.
Nel frattempo in base un giorno mi capita di conoscere un uomo, indossa la divisa dell’esercito, ma quella piccola croce appuntata al petto frena inizialmente la mia curiosità. Mi sento un po’ restio a conoscerlo, non ho questo buon rapporto con la religione e con chi la professa ma con la sua conoscenza invece scopro in lui una persona dolcissima piena di amore, passione, generosità ed altruismo; insomma una persona speciale che forse qualcuno ha voluto che incontrassi sulla mia strada. La prima occasione di poter partecipare alla Santa Messa è proprio nel giorno della Virgo Fidelis, patrona dell’arma dei carabinieri. Durante la funzione salgo al leggio e, seppur tentennante, leggo la preghiera del carabiniere: in quel momento provo una grande emozione, qualcosa che non si riesce a poter descrivere e capisco di aver bisogno di una guida in questa terra lontana. Con il Padre inizio un rapporto di amicizia in cui spesso trova spazio lo scambio di pensieri e opinioni sulla nostra religione. Scopro che lui è un frate, fa parte dell’Ordine dei Frati Minori, diciassettemila in tutto il mondo che anche in patria svolge il suo servizio all’interno di una brigata. Il loro stile di vita è diverso da quello che vedevo in altri che professano la fede, mi piace il loro modo di vivere la vita, soprattutto nell’umiltà e nella fraternità; in questi tempi l’essere umili e vivere in fratellanza sono elementi importanti della vita. Riesco a togliermi dalla testa alcuni pensieri e forse limitazioni che prima avevo sulla religione e nel limite dei servizi partecipo alle funzioni della domenica. Un ricordo che mi resterà per sempre legato a questa missione è quello di aver partecipato una domenica alla messa in cui due soldati hanno ricevuto il sacramento della prima comunione, scelta molto importante soprattutto se condivisa durante la missione all’estero e non da meno nei territori dove Gesù ha vissuto la sua vita
All’interno della base ogni giorno ci sono nuove situazioni da affrontare, nuove esperienze da condividere con i colleghi; mi accorgo che succede veramente di tutto, (dall’infortunio sul lavoro, al piccolo incidente stradale), sembra proprio vivere in un piccolo paese. Ma non si vive di solo lavoro ed allora, grazie ad un carissimo amico, vengo coinvolto nell’organizzazione di una festa e non nascondo che l’idea di poter partecipare in prima persona ad un evento importante è anche l’occasione giusta per poter allacciare qualche nuova amicizia e riuscire ad entrare nel “gruppo”. La festa va alla grande, un’organizzazione a dir poco perfetta: per tutta la sera viene servita pizza con la nutella che va letteralmente a ruba contornata da un’ottima location e da una bella musica. Siamo tutti molto entusiasti, il lavoro di gruppo ha funzionato molto bene ed io personalmente sono felice per esser riuscito a farmi coinvolgere da tutto questo.
Ormai manca poco a Natale, all’interno dei nostri uffici prepariamo l’albero e mettiamo qualche luce, così da poter rivivere il clima natalizio come a casa. E’ ovvio che il pensiero in questi momenti va alla famiglia e ai bimbi che stanno scrivendo la lettera a Babbo Natale e ti chiedono se anche lì da te passerà. Be cosa rispondi? Ovvio che si, che sicuramente passerà anche qui e forse porterà qualche regalo. Ed allora via a pensare a cosa poter donare ai colleghi ed agli amici, un piccolo pensiero, per far vivo ancora di più questo momento. In base si sta organizzando la sera del 24 dicembre, ci sarà la messa e poi un brindisi tutti insieme. Si cerca di far vivere tutta la situazione con una certa serenità è un momento molto importante e va tutto quanto organizzato bene. D’altronde vivere il Natale in questa terra rende la festa ancora più sentita: siamo a poche centinaia di chilometri dove Gesù nacque e questo mi fa tornare in mente quella domenica in cui è stato celebrato il sacramento della comunione. La serata va molto bene, dopo la messa c’è il brindisi organizzato in mensa e lo scambio di auguri collettivo; qualcuno ha detto che dobbiamo essere una grande famiglia ed io sto cercando di viverlo proprio con questo spirito. Passa il Natale e ci ritroviamo a ridosso ormai dell’ultimo dell’anno. Certo una serata così bisogna organizzarla al meglio ed allora con lo stesso staff “collaudato” nella festa precedente ci mettiamo all’opera. Una pianificazione degna dei migliori eventi: chi si occupa delle luci, chi del cibo, chi della musica, chi dell’abbellimento della location; mi sento sempre più coinvolto con il gruppo e questo per me è un’ altra piccola vittoria e soddisfazione personale. La serata va molto bene, partecipano molti ragazzi e ragazze della base ed anche un gruppo di giornalisti che forse, guardando un po’ le loro espressioni, rimangono stupiti di come, anche in missione, i ragazzi riescano a potersi divertire “staccando” per un momento dal lavoro quotidiano. Non facciamo tardi, per molti il giorno dopo è comunque una giornata lavorativa, le pattuglie esterne e tutti gli altri servizi devono comunque essere garantiti, però anche quel poco ha permesso a molti di potersi svagare per qualche ora, riuscendo a liberare un po’ la mente.
Ed inizia un nuovo anno, siamo nel 2013, l’anno appena terminato mi ha lasciato moltissime esperienze positive e spero vivamente che anche questo sia uguale. Un pensiero va alla mia famiglia che in tutto questo tempo mi ha sempre sorretto ed incoraggiato nelle decisioni che prendevo. A volte mi mancano molto, soprattutto i miei bimbi, ma sono qui anche per loro, per dimostrargli che è con i sacrifici di ogni giorno che si riescono ad ottenere quei progetti e quei sogni che ognuno ha nella propria testa. Mi accorgo che il cammino che questa missione deve fare è ancora lungo e che ci vuole l’impegno di tutti per poter portare ogni giorno, un tassello in più su ogni progetto che viene portato avanti. Sono progetti di armonia e di pace ma anche concreti soprattutto quelli che vengono pensati, studiati e messi in pratica dalla cellula preposta, una cellula formata da 6 persone che porta avanti tutto questo sempre a favore della popolazione del luogo. Ed è così che conosco in particolare uno dei loro componenti, abbiamo fatto il viaggio di andata insieme e già mi aveva accennato a quale sarebbe stato il suo compito lavorativo; è lui a spiegarmi quali sono le attività che fanno, si va dalla ricostruzione di strade, dalle donazioni alle scuole, dall’assistenza sanitaria tramite i “medical care”, all’organizzazione di eventi per i bambini locali. Riesco a partecipare a due loro attività, sono due donazioni fatte a due scuole. Vedo negli occhi dei bambini la felicità nel ricevere un piccolo dono ma anche la voglia di vivere e la loro speranza di poter affrontare una vita più serena e tranquilla. Ogni volta incrociando i loro sguardi penso alle mie due creature a casa, hanno più o meno la stessa età di questi bambini, i miei sono sicuramente molto più fortunati, ma tutti sono alla fine la nuova linfa che ogni popolazione ha e che deve riuscire a proteggere se vuole che il mondo cambi veramente.
Devono passare ancora alcuni mesi prima che questa mia missione finisca: avrò sicuramente altre occasioni per incrociare lo sguardo di questi bambini, di affrontare altre situazioni di lavoro, ma ogni giorno sarà speciale, perché ogni occasione mi lascerà un ricordo da portare nel cuore.