Addio a Sergio Toppi, l’ultimo “samurai” della narrativa a fumetti

Spettacoli

22 agosto 2012
La scomparsa di Sergio Toppi lascia, davvero, un vuoto nella narrativa a fumetti, con lui scompare l'ultimo grande artista di una generazione (quella nata negli anni Trenta) che ha trasformato il fumetto italiano in arte. Per ricordarlo, vi propongo il mio articolo uscito sulle pagine di Q.N.

«QUANDO mi presento a qualche manifestazione dedicata ai comics mi basta una semplice dichiarazione per suscitare l’interesse e la stima dei miei interlocutori: “Mi chiamo Sergio Bonelli, pubblico fumetti in Italia e sono l’editore di Sergio Toppi”». Questa frase che Sergio Bonelli, il compianto editore di Tex Willer e Dylan Dog, era solito dire dà un’idea della statura artistica a livello mondiale di un altro grande Sergio del fumetto: Sergio Toppi, appunto. Con la scomparsa a Milano di Toppi dopo una lunga malattia (affrontata con combattività e continuando a lavorare fino all’ultimo) il fumetto perde un maestro di prima grandezza. Durante una mostra a Parigi, nel 2003, il quotidiano “Le Figaro” lo paragonò a Doré, Klimt e Schiele.
TOPPI, nato l’11 ottobre 1932, iniziò la sua lunga carriera come illustratore per la Utet negli anni cinquanta ed esordì nel fumetto nel 1966 sulle pagine del glorioso “Corriere dei Piccoli”. Disegnatore e illustratore raffinato e dal tratto deciso e inconfondibile, era insuperabile nel fumetto di ispirazione storica e letteraria.

 
SINO dai primi passi nel “Corriere dei Piccoli” è stato uno straordinario narratore per immagini di avventure; grandi romanzi; scenari epici quasi sempre slegato da personaggi fissi; se si esclude la famosa serie del «Collezionista». Indimenticabili opere come «L’uomo del Nilo» (le gesta di Gordon Pascià nella guerra contro il Mahdi sudanese); «L’uomo delle paludi» (sui seminoles della Florida) e poi ancora «Il richiamo della foresta»; «Robinson Crusoe»; gli episodi della Bibbia; i volumi sul Giappone e i Samurai, i libri di storia a fumetti; i lavori da Pietro Micca a «Sharaz-De» (che considerava il suo capolavoro) fino alla sua splendida interpretazione di Dylan Dog.
Negli ultimi anni, “Il Giornalino” aveva pubblicato un’antologia dell’opera di Toppi e l’autore milanese, pur già segnato dalla malattia, ancora di recente portava avanti altri lavori e progetti sempre di carattere storico. Come tutti i grandi, quelli per davvero, Toppi era gentile, umile e disponibile. Ci mancherà.
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