“Titeuf”, tenero e pestifero bambino. Che spiega l’infanzia agli adulti

Curiosità

6 luglio 2013
Quando nel gennaio 2005 il Festival di Angouleme (la più importante manifestazione di fumetti nel mondo) ha dedicato una mostra a “Titeuf”, il simpatico bambino protagonista degli album di Philippe Chappuis, in arte "Zep", il successo di pubblico è stato notevolissimo. Ma nella coda di visitatori che attendeva di vedere le tavole, le sagome, i video di “Titeuf”, non c’erano solo bambini o genitori che accompagnavano i figli, ma anche tanti adulti senza bambini, perché per il pubblico francofono il fumetto di qualità, anche quello apparentemente dedicato all’infanzia, è un’arte ammirata e rispettata.  E non ci si vergogna di andare a vedere una mostra dedicata a "Titeuf". Ora, questopersonaggio dei fumetti e dei cartoni animati è anche una "star" del cinema. E, a differenza di tante trasposizioni dal fumetto al cinema, il passaggio sembra venuto bene. Così, vi propongo l'intervista a "Zep" in occasione dell'uscita del film in Italia, prevista per il 25 luglio.

BIRBANTE, monello, pestifero, ma anche simpatico, tenero e dolcemente bambino con le sue ingenuità e il suo sguardo libero verso le cose del mondo. Questo è Titeuf,  il bambino con il ricciolo in testa a forma di uovo creato nel 1992 dallo svizzero Chappuis, 46enne, noto con il nome d’arte di Zep: uno straordinario successo a fumetti, poi diventato serie tv e che adesso sbarca anche nei cinema italiani. Infatti, il 25 luglio (distribuito dalla Cloud Movie)  arriverà nelle sale “Titeuf, il film”, un lungometraggio animato diretto dallo stesso Zep, con un’anteprima al Giffoni Film Festival il 22 luglio. Il film è del 2011 ma solo ora arriva in Italia.

NEI PAESI francofoni Titeuf è un fumetto popolarissimo che parla del mondo dell’infanzia in un modo che fa divertire i bambini (anche per il linguaggio: da “ciccia!” a “sbabbone” a “microcacchetta” o “pipino inceppato”) e fa sorridere gli adulti. Anche perché è un fumetto che vuole mostrare come i bambini vedano il mondo degli adulti e lo fa davvero a 360 gradi, sessualità e amori compresi. Il film racconta dei tormenti del protagonista: Nadia (della quale Titeuf è follemente innamorato) non lo invita al suo compleanno e nel frattempo i suoi genitori stanno per separarsi.

Zep, come nasce la trama? «Ho scritto tre sinossi durante la prima settimana in cui mi sono immerso nell’idea di fare un film. E questa era quella che mi interessava di più perché è presente il doppio livello delle strisce di Titeuf : la sua vita di bambino e il mondo degli adulti che lui cerca di comprendere senza riuscirci veramente. È un tema che mi interessa perché quando scrivo le storie, mi sento sia Titeuf che il genitore che sono nella mia vita reale. Vorrei dire ai nostri bambini che ho finalmente capito come funziona la vita ma purtroppo non è così. Volendo essere onesto, in fondo non ne so molto più di loro. Senza dubbio perché in noi persiste un lato infantile piuttosto forte».

Cosa voleva raccontare in più rispetto ai fumetti? «Per chi come me ama raccontare delle storie, il cinema rappresenta il sogno più grande. Ha mille possibilità. Quando si fa un fumetto, si lascia molta libertà al lettore: è lui che sceglie il ritmo della lettura, la voce dei personaggi... al cinema invece il mio potere è totale. Posso giocare con il suono, con le voci, con le sensazioni di certi gesti come quando Titeuf accarezza l’orecchio di Nadia... Posso anche lanciarmi nelle sequenze immaginarie che non avrebbero posto in un fumetto».

Per esempio?

«Prendiamo l’inizio del film. Volevo cominciare con un’atmosfera alla Jurassic Park per indurre gli spettatori a credere per un attimo di aver sbagliato sala! Per me è stato anche un modo di rappresentare Titeuf, la sua famiglia e i suoi amici al di fuori del solito ambiente delle vignette. Così tutti capiscono chi è Titeuf e chi già lo conosce non si annoia di certo».

Per lei è un esordio come regista: come l’ha vissuto?

«Se avessi saputo, che ci sarebbero volute 700 persone, fra disegnatori, assistenti di produzione, scenografi, musicisti, attori, coloristi, 780mila fogli di carta, 6800 matite per realizzare 200mila disegni e 1.067 scene per fare Titeuf. E due anni di lavoro... Se lo avessi saputo, l’avrei fatto lo stesso. Perché wow! È stata un’avventura straordinaria!».
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