Il tifo ci vuole, non aboliamolo

Cronaca

4 ottobre 2013
 

 

La prima volta che andai a un incontro di hockey fu al vecchio Palaghiaccio di via Piranesi per seguire i Diavoli Rossi contro il Cortina che stravinse. Dietro la porta degli ampezzani si era piazzato un gruppo di tifosi milanesi che per tutta la durata dell’incontro ne gridò di cotte e di crude al povero portiere ospite, spiegandogli dettagliatamente che cosa era intenta a combinare in quel momento la sua gentile consorte. Lui, imperterrito, se ne infischiò e parò tutto quello che c’era da parare. Ricordo cori memorabili in stadi ben più grandi con sfottò specifici per ogni squadra. Pure i tifosi del Napoli di Maradona “puzzavano” e anche allora il Vesuvio avrebbe dovuto sommergerli tutti… In quei tempi, in cui a San Siro si poteve scaricare senza problema lo stress e l’aggressività di un’esistenza vissuta da perdenti, il “politicamente corretto” non era ancora di moda. Si dava del “terrone” a qualche meridionale, il quale rispondeva con “polentone”. L’Italia dei campanili ha sempre odiato soprattutto il suo simile e il suo vicino. Se poi questi ha la pelle nera, è un invito a nozze. Ma spingersi fino a coniare questo ridicolo neologismo di “razzismo territoriale” è un po’ troppo. I napoletani “puzzano”? E i milanesi “tengono e’ corna”. E i torinesi sono “falsi e cortesi”… Se Freud fosse ancora vivo apprezzerebbe molto perfino i cori più beceri perché, secondo il fondatore della psicanalisi, nello stadio si sublima l’agressività accumulata “fuori” evitando danni più gravi a livello sociale e criminale. A noi sembra che sia più razzista sfruttare uno straniero col lavoro nero che fare buuu negli stadi all’indirizzo dei bamboccioni miliardari o urlare sguaiatamente che i napoletani puzzano. Per favore, non depriviamo lo stadio della sua funzione primaria, benché becera. Abolire il tifo, le curve e, in ultima analisi, lo stadio sarebbe molto peggio.
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