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Ciò che resta del mondo

di Monica Peruzzi

Donne, i diritti negati. Il 14 febbraio in piazza per il One Billion Rising,

Cronaca

12 febbraio 2013
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Altre due donne, vittime di violenza. Ancora due tragedie sfiorate a Napoli e Roma. Una accoltellata, incinta, l'altra arsa viva. Ancora una volta la gelosia, la follia omicida di uomini che non accettano di essere abbandonati. Il delitto d'onore perpetrato in una società che, nonostante le apparenze, sta tornando a giustificare gesti punitivi di donne che cercano di riappropriarsi della loro vita, che escono dalle strette maglie delle convenzioni. Quante altre donne dovranno morire, prima che si sollevi un'unica voce a chiedere risposte concrete?
Una voce che non può essere solo quella delle donne, perché combattere contro le violenze significa combattere per la tutela dei diritti di tutti gli esseri umani.
Mi ritornano in mente le parole della mia amica Simona Lanzoni, vicepresidente della Fondazione Pangea Onlus, durante il nostro viaggio in India, dove siamo andate proprio per cercare di capire cosa stesse succedendo nel Subcontinente, alle prese con una serie di stupri che hanno infiammato le piazze.
"Siamo all'inizio di una lunga battaglia per i diritti, perché finora abbiamo solo guardato dalla seconda fila".
Penso che Simona abbia ragione. Quello che vale per l'India, vale anche per l'Italia. Anche da noi la violenza ha origini antiche, che affondano le radici nella cultura del machismo e dell'angelo del focolare prima, e in quella della valletta al silicone poi.
È sorprendente vedere come anche in India, ormai, nei quotidiani letti dalla piccola e media borghesia (il 25% della popolazione è ancora analfabeta) a farla da padrone sono le pubblicità di creme per il viso sbiancanti, che fanno somigliare alle attrici di Bollywood. Pagine e pagine di consigli per gli acquisti, prima di arrivare alle notizie vere e proprie, che in genere partono sempre dalle vicende sentimentali dei beniamini del pubblico. L'India come l'Italia, in cui il terreno dove germoglia la violenza, è quello di una società sempre più lacerata, in cui i poveri sono sempre più poveri e disperati e i ricchi sempre più ricchi e prepotenti.
Una società in cui all'importanza della cultura e dell'educazione, come via d'uscita dalla miseria, è subentrata quella dell'aspetto fisico preconfezionato e del muscolo sempre più ipertrofico, per sfondare nel mondo dello spettacolo.
Una società in cui non si capisce che la violenza sulle donne non è solo l'abuso sessuale o il femminicidio, ma la negazione dei diritti.
Per dare il via a una nuova rivoluzione culturale, bisogna partire da qui. Bisogna trovare il coraggio di rivendicare politiche di tutela del lavoro, della maternità e, perché no, della vecchiaia, partendo dal basso, da quella società civile di cui i politici di ogni orientamento amano riempirsi la bocca.
È fin troppo chiaro che la classe dirigente non è in grado di dare risposte concrete, soprattutto sul fronte della prevenzione della violenza.
Dall'India all'Africa, passando dall'Afghanistan, all'Arabia Saudita, fino all'Italia, ovunque la soluzione individuata dai governi per risolvere il problema degli abusi, è l'inasprimento della pena.
L'ultimo esempio lo ha dato proprio Delhi: con un decreto, il Presidente indiano Pranab Mukherjee, ha introdotto la pena di morte per il reato di stupro (ma non la violenza sessuale in ambito domestico - piaga che colpisce la stragrande maggioranza delle donne di tutto il Pianeta, non solo in India, dove le percentuali, secondo le associazioni antivolenza, arrivano all'80%). Il parlamento indiano ha sei mesi per ratificare questo decreto.
Per fortuna però, in India, la commissione Verma, istituita per dare al governo suggerimenti sulle politiche di tutela delle donne, all'indomani dello stupro di Delhi, in cui è stata violentata a morte una ragazza di 23 anni, farà sentire la propria voce, insieme a quella di migliaia di donne che sono scese in piazza per dire no alla pena capitale. La commissione Verma ha spiegato che per evitare di finire davanti ai giudici, sarà più facile, per i carnefici, uccidere le loro vittime per eliminare le scomode testimoni. Il che significa un aumento degli omicidi, proprio fra le donne.
Non vi stupisce pensare che, mentre in un Paese in via di sviluppo, un organismo composto da tre anziani magistrati in pensione sia così lungimirante da parlare delle violenze sulle donne come di un fallimento dello Stato, mentre in Italia le uniche preoccupazioni dei candidati alla Presidenza del Consiglio siano le tasse e la crescita economica?
Possibile che il Pil sia davvero l'unico indicatore di benessere che siamo riusciti a individuare nel ricco Occidente?
Possibile che non sia chiaro a tutti che il termometro di una società civile non è quanto produce e quanto consuma, ma quanti e quali diritti sono garantiti e applicati nelle aule dei tribunali?
Non servono altre norme in tutela delle donne, ma l'applicazione di quelle esistenti.
Servono politiche serie di aiuto, per superare le barriere culturali che ancora oggi ci penalizzano, nel lavoro e a casa.
I dati sulla disoccupazione femminile, specialmente fra le più giovani, ne sono la testimonianza più eloquente. Secondo l'Eurostat, l'ufficio statistica europeo, il 2011 si è chiuso con la conferma che per occupazione, retribuzione e condizione femminile l’Italia è ancora, in Europa, il fanalino di coda. Peggio di noi fa solo Malta.
Le donne disoccupate fra i 25 e i 54 anni, senza figli, sono il 36,1%, mentre la media europea è del 24,2%.
Per affrontare la sfida dei prossimi anni, l'Italia avrà bisogno del contributo di tutti, uomini e donne. E le donne, dai margini della vita pubblica e lavorativa in cui sono ancora costrette, sanno che ci sono le risorse per cambiare e lo dimostreranno ancora una volta il 14 febbraio, quando si uniranno virtualmente nel One Billion Rising - http://www.youtube.com/watch?v=gl2AO-7Vlzk - una serie di flash-mob organizzati dalle varie associazioni in ogni angolo del Pianeta, per ribadire che si potrà parlare di vero cambiamento solo se le donne troveranno il coraggio di unire ogni singola voce in un coro così grande e assordante da impedire a chiunque di poter dire, un giorno, di non aver sentito.
www.onebillionrising.org
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