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Ciò che resta del mondo

di Monica Peruzzi

India, le devastazioni dei monsoni indice del cambiamento climatico in corso

Cronaca

24 giugno 2013
la devastazione di  Kedarnath
[caption id="attachment_97" align="alignnone" width="300"] la città di Kedarnath, nell'Uttarakand, nord dell'India, devastata dai monsoni dei giorni scorsi. Almeno 5mila vittime[/caption][caption id="attachment_98" align="alignnone" width="260"]la mappa dello Stato indiano dell'Uttarakand, al confine con il Nepal e la Cina la mappa dello Stato indiano dell'Uttarakand, al confine con il Nepal e la Cina[/caption]UTTARAKAND
Quella che vedete è la città indiana di Kedarnath, nell'Uttarakhand. Questo è uno degli Stati più a nord del Paese, un pezzo di terra al confine con il Nepal e la Cina, increspata
dalle ere geologiche, che hanno forgiato le altissime vette dell'Himalaya. La devastazione lasciata dietro di sé dal monsone, corre giù per questi pendii scoscesi, percorsi faticosamente dagli escursionisti di tutto il Mondo, che ogni anno scelgono di partire da qui per i loro trekking ai confini della Terra. Le puiogge delle ultime ore sono state implacabili. 12mila persone sono state messe in salvo dai soccorritori, altre 10mila sono bloccate in attesa di aiuti. Il bilancio della tragedia potrebbe superare le 5mila vittme.
I monsoni non sono una novità in India. Ogni anno il Subcontinente viene spazzato, in lungo e in largo, soprattutto nelle zone che confinano col Bangladesh. Ma chi abita quelle zone è seriamente preoccupato. Ormai è chiaro che la situazione sta peggiorando, di anno in anno. La siccità estrema dei mesi secchi inaridisce i campi e crepa le montagne. Quando iniziano le piogge, vere e proprie bombe d'acqua, sempre più distruttive e impreviste, quel poco che era riuscito a crescere, viene ingoiato e portato al mare, le montagne si sgretolano.
E' il risultato del cambiamento climatico in atto. Un allarme lanciato dagli scienziati almeno 20 anni fa, rimasto inascoltato fino a oggi, quando un po' di coscienza ambientalista si sta facendo largo fra la popolazione. Se non correremo presto ai ripari, però, le temperature aumenteranno di oltre 4 gradi centigradi, da qui alla fine del secolo. E questo trasformerà la Terra in un luogo invivibile. Quello cui stiamo assistendo negli ultimi anni, dai cicloni e dai tornado che devastano le coste degli Stati Uniti, ai tifoni che si abbattono sulle zone asiatiche, fino alle siccità che colpiscono l'Africa e, per l'appunto, i monsoni in India. Ora il Presidente americano, Obama, ha annunciato un piano verde per il suo Paese, grande assente, insieme all'altro grande inquinatore, la Cina, dal protocollo di Kyoto, scaduto a gennaio di quest'anno.
Inutile dire che quello che ci sembra così lontano, in realtà riguarda da vicino anche noi. Fin troppo.
Le alluvioni che ogni anno si abbattono sull'Italia, da nord a sud, la siccità, le frane, sono la testimonianza più evidente che anche il nostro "piccolo mondo antico" è cambiato e che dobbiamo essere noi, per primi, a chiedere risposte e interventi ai governi.
Perché non può ancora vincere la logica dell'emergenza.
L'uomo è riuscito, con il suo ingegno e la sua creatività, a portarci fino a questo grado di sviluppo. Può e deve essere capace di trovare soluzoni alternative alla "fine del Mondo", così come lo conosciamo oggi.
Se è vero, come è vero, che l'età della pietra non è finita perché sono finite le pietre, dobbiamo fare tutti in modo che l'età dei combustibili fossili finisca prima dell'esaurimento di queste risorse.
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