16 OTTOBRE, GIORNATA MONDIALE DELL'ALIMENTAZIONE.
Giornata che, nelle intenzioni, dovrebbe servire a farci riflettere che ancora oggi 1 miliardo e 300 milioni di persone, nel Mondo, soffre la fame, secondo gli ultimi dati diffusi dalla Banca Mondiale.
Stupirà sapere, però, che non serve andare tanto lontano per travare l'indigenza e la miseria. Non serve spinegersi in Africa, fra i disperati in fuga dalla fame e dai conflitti, che sfidano il mare per raggiungere le nostre coste, a bordo di quei barconi che ci stiamo tristemente abituamdo a veder naufragare davanti ai nostri occhi. In Europa, nel nostro caro, "Vecchio Continente", lo scorso anno sono stati 80 milioni quelli che non hanno avuto un pasto al giorno. Una cifra spaventosa. Il 10% del totale. Il resto dei consumatori, ha speso in media 316 euro in cibo che poi, per disattenzione o negligenza, ha buttato senza essere consumato.
“Per arrivare sulle nostre tavole, il cibo di cui ogni giorno ci nutriamo richiede moltissime risorse naturali e per questo può avere impatti importanti sui sistemi ecologici del pianeta. – spiega Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del WWF Italia, che ha realizzato uno studio interessante sulle conseguenze che lo spreco alimentare provoca sul nostro ambiente - Quando il cibo viene sprecato, anche il suo “costo” ambientale viene sprecato, e l’ambiente viene quindi inquinato, sfruttato o alterato invano. La riduzione degli sprechi deve diventare una priorità, anche attraverso un migliore bilanciamento tra la produzione e la domanda. In molti casi sono sufficienti semplici azioni da parte di singoli cittadini, produttori, rivenditori, ristoratori e imprese per contribuire a raggiungere la sicurezza alimentare e una migliore sostenibilità ambientale.”
Secondo il rapporto WWF, “QUANTA NATURA SPRECHIAMO!” , realizzato con la collaborazione scientifica della Seconda Università di Napoli, nel 2012 abbiamo sprecato in Italia fino a 1226 milioni di metri cubi d’acqua utilizzata per produrre cibo che è stato gettato senza essere consumato (il 46% per lo spreco di carne, il 29% per cereali e derivati, il 22% di frutta, verdura e tuberi e il 3% per latte e derivati), un valore comparabile all’acqua consumata ogni anno da 19 milioni di italiani (e al fabbisogno domestico annuo di 27 milioni di nigeriani). Di questi, 706 milioni di metri cubi sono in capo ai consumatori, mentre 520 milioni di metri cubi si sono persi lungo la filiera prima ancora di arrivare nelle case.
Sul fronte delle emissioni, sono 24,5 milioni le tonnellate equivalenti di CO2 immesse inutilmente in atmosfera per produrre beni alimentari sprecati, pari a circa il 20% delle emissioni di gas serra del settore dei trasporti: di queste 14,3 milioni di tonnellate di CO2 e associate al cibo sprecato dai consumatori e 10,2 milioni di tonnellate associate alle perdite lungo la filiera alimentare. Infine, abbiamo sprecato circa 228.900 tonnellate di azoto reattivo contenuto nei fertilizzanti (143.100 tonnellate sprecate dai consumatori, 85.800 tonnellate lungo la filiera), vale a dire che il 36% dell’azoto immesso nell’ambiente, con gravissimi impatti sulla qualità delle acque e sulle specie che popolano gli ecosistemi idrici, poteva essere evitato.
Naturalmente, il peso ambientale di quello che sprechiamo dipende sia da quanto sprechiamo, sia da cosa sprechiamo perché ogni alimento ha una propria impronta ambientale che dipende dalla sua filiera di produzione: lo spreco di 1 kg di carne “costa” all’ambiente 10 volte la quantità di gas serra e di azoto reattivo richiesti da 1 kg di pasta. Lo spreco di 1 kg di manzo utilizza invano 594 litri di acqua blu a fronte dei 15 litri per lo stesso quantitativo di pasta. Quindi, anche se i cereali rappresentano il 35% della massa di cibo tipicamente sprecato, mentre la carne, alimento più caro e pregiato, ne rappresenta il 12%, i loro impatti ambientali sono comunque elevati.
NOVITA’ ANTI-SPRECO DALLE IMPRESE: puntano a un nuovo modello di sviluppo le iniziative anti-spreco che il WWF ha lanciato oggi insieme ad alcune grandi imprese che, oltre a ridurre i propri sprechi, coinvolgeranno milioni di italiani in nuovi comportamenti virtuosi per avviare il cambiamento dal basso. Si inizia dalle eco-vaschette antispreco, una versione evoluta della classica “doggy bag” americana per l’asporto del cibo avanzato, che in questi giorni sbarcheranno in Italia in tutti i ristoranti dei punti vendita IKEA.
Gli scarti, invece, diventeranno concime grazie all’iniziativa sperimentale di WWF e Autogrill: ogni 100 kg di rifiuti organici raccolti nelle aree di servizio di Brianza Nord, Brianza Sud e Villoresi Est, già best practice internazionale per la tutela ambientale, saranno trasformati in circa 25 kg di compost per nutrire l’orto dell’Oasi WWF di Vanzago, dove si pratica agricoltura biologica e dove le scuole del territorio potranno imparare e coltivare. E anche Auchan e Simply, già impegnate nella lotta allo spreco attraverso la vendita di prodotti sfusi (che nel 2012 ha fatto risparmiare 4 milioni di confezioni e oltre 170 tonnellate di materiali da imballaggio), e il recupero di prodotti prossimi alla scadenza (donando ogni anno alle associazioni del settore oltre 500 tonnellate di generi alimentari, pari a oltre 900 mila pasti) si preparano a nuove iniziative anti-spreco da realizzare insieme ai consumatori.
Per avviare la sensibilizzazione fin da piccoli, il WWF ha dedicato all’alimentazione sostenibile i programmi Panda Club e iniziative per le scuole.
Le buone notizie però ci sono. E arrivano sul fronte della consapevolezza degli italiani.
Secondo l'ultima indagine realizzata da GfK Eurisko, la quasi totalità (90%) degli Italiani, riconosce oggi lo spreco alimentare come un problema serio e individua la principale causa nei comportamenti poco attenti dei consumatori. Oltre il 70% ritiene che sia molto importante sensibilizzare i cittadini sui temi dello spreco e attribuisce un ruolo primario – prima ancora che alle imprese, ai media e alla grande distribuzione – ai cittadini stessi che potrebbero svolgere un efficace ruolo educativo nei confronti dei più disattenti, in particolare delle generazioni più giovani. Complice anche la crisi economica, la maggioranza degli italiani dichiara di mettere già oggi in pratica comportamenti utili a ridurre gli sprechi: il 54% controlla quotidianamente il frigorifero, il 65% controlla almeno una volta al mese la dispensa, solo il 36% dichiara di attenersi rigorosamente alla data di scadenza dei prodotti riservandosi di valutare personalmente la qualità/freschezza dei prodotti scaduti prima di buttarli. E il 45% si dichiara favorevole alla vendita a prezzi scontati di alimentari non deperibili scaduti, a conferma del buon grado di fiducia nei confronti del ruolo di controllo/garanzia della GDO.