Non era mai successo. E forse non accadrà nulla. Ma per la prima volta nella storia americana un giudice federale ha ascoltato le ragioni di un avvocato difensore delle balene che intende liberarle dalla schiavitù anche se non appartengono al «genere umano». Il caso in questione è rappresentato da 5 enormi orche marine catturate nell’oceano e costrette ad esibirsi giornalmente negli acquari di San Diego in California e Orlando in Florida, contro la loro volontà che invece le spingeva a nuotare libere negli abissi.
Per Jeffrey Kerr, il legale del PETA (People for the Ethical Treatment od Animal) si tratta di un momento storico. L’avvocato Theodore Shaw del Sea Word invece giudica la causa intentata contro gli acquari priva di fondamento perché, dice, «il 13° emendamento che annulla la schiavitù in America è in vigore da 125 anni e non ha mai riguardato gli eventuali abusi sugli animali per il semplice fatto che quando si parla di ‘we the people’, noi il popolo americano, la Costituzione non ha mai inteso riferirsi a nessuna orca o altro animale».
Per ora il giudice californiano ha solo accettato di esaminare il caso, ma potrebbe rigettare con grande facilità la richiesta di estendere i diritti costituzionali anche alle balene, nel timore non infondato che i tribunali possano intasarsi molto presto con decine di migliaia di cause intentate da tutti i difensori degli animali che lavorano nei circhi ad esempio, i quali sicuramente non sono tutelati da diritti sindacali e non godono di ferie, permessi e nemmeno di riposi nei giorni di malattia. Le orche marine di San Diego e Orlando comunque anche se fossero costrette dalla legge a rimanere negli acquari per divertire il pubblico fino alla pensione, sono già diventate un simbolo. E il giudice farebbe bene a valutare una loro potenziale «liberazione» dallo show business.