Nello sdegno del mondo per la strage di donne e bambini perpetrata da un soldato americano, i capi delle tribù afgane calmano le folle e chiedono giustizia, ma non vendetta. È un gesto positivo, ma non rassicurante. Gli Stati Uniti processeranno il sergente killer negli Usa, preferendo l’annunciata e devastante rappresaglia talebana al giudizio del tribunale di Kabul. In questo modo hanno messo nel mirino non solo i loro marine, ma anche le forze italiane, tedesche inglesi e francesi che operano al loro fianco sotto l’ombrello Isaf. Dieci anni di guerra rischiano di vaporizzarsi in un frettoloso e sanguinoso ritiro, che lascerebbe l’Afghanistan da ricostruire, in balia delle bande dell’oppio, dei guerriglieri di Al Qaeda, che rientrerebbero dal Pakistan, e dei talebani intransigenti, che non hanno mai accettato il negoziato con Karzai e gli Usa.
La lenta progressione nell’addestramento delle forze locali, che Karzai in realtà non ha mai davvero incoraggiato, sentendosi molto più sicuro se protetto dal Pentagono che non dai suoi miliziani, adesso mostra il grande limite dell’exit strategy americana. Quei colpi di mitragliatore nella notte sparati su famiglie e bambini innocenti che dormivano, se riesplodesse la protesta popolare potrebbero far ripiombare il Paese nel baratro del terrorismo.
Non è quello che Karzai vuole. Ma la sua retorica populista (spesa spesso per coprire i grandi buchi neri lasciati dalla corruzione del suo governo), invece di consolidare l’alleanza e la fiducia con la coalizione e con l’America, di fatto l’allontana preferendo galleggiare in uno status quo macchiato di barbarie e intrighi.
L’America deve uscire dal pantano afgano al più presto. Lei stessa ha contribuito a crearlo, prima con le urine dei soldati sui corpi dei combattenti morti, poi con le copie del Corano bruciate, infine col massacro di Kandahar. I militari italiani, tedeschi, inglesi o francesi sono anch’essi sotto pressione, ma i loro nervi cedono molto meno. E questo deve essere riconosciuto. Quindi chiudano in fretta l’inchiesta sul colpevole e diano agli afgani la giustizia che meritano.