Nessun politico, né un diplomatico, né un economista. Sorprendendo molti e amareggiando numerosi candidati in pectore, che si sentivano giusti per quel posto, Barack Obama ha annunciato ieri che un medico antropologo di origini sudcoreane, Jim Yong Kim, 52 anni, guidarà da giugno la Banca Mondiale. Arrivato negli Stati Uniti all’età di 5 anni, Kim ha studiato a Brown e Harward, è stato il responsabile del dossier Aids all’Organizzazione mondiale della Sanità, oggi è presidente del prestigioso Darmonth College. Ma, soprattutto, non è un americano. Se sarà confermato, perché in corsa ci sono altri pretendenti come il ministro delle finanze nigeriano Ngozi Oknjo-Iweala e l’ex ministro colombiano delle finanze Ocampo, Kim sostituirà l’attuale direttore Robert Zoellick, scelto da George Bush, il cui nome circola come candidato alla vicepresidenza repubblicana in ticket con Mitt Romney.
Per tradizione, la Banca Mondiale è sempre stata a guida Usa, e il Fondo Monetario Internazionale è rimasto di conduzione europea. Da tempo però sia l’Africa che i Paesi emergenti (e ora anche la Cina con tutto il suo peso), hanno iniziato a scalpitare su queste candidature predefinite. Stavolta ci potrebbe essere una certa battaglia, anche se Kim non sembra avere rivali concreti. «La Banca Mondiale — ha detto Obama — è più di una banca. È uno degli strumenti più forti che abbiamo per ridurre la povertà e migliorare gli standard di vita nel mondo. Il suo presidente deve avere profonda conoscenza e comprensione del ruolo dello sviluppo nel mondo. Ritengo che non ci sia nessuno più qualificato per questa missione di Jim Kim . È il momento per un professionista dello sviluppo, di guidare la maggior agenzia al mondo per lo sviluppo. Ha lavorato dall’Asia all’Africa. La sua è davvero un’esperienza globale. La sua storia personale mostra la grande diversità che esiste nel nostro Paese e il fatto che ognuno può andare lontano lavorando duro e occupandosi degli altri».
Questa nomina è anche un ‘regalo’ alla Corea del Sud dove Barack sta per recarsi in visita, per consolidare il suo legame con l’Asia e col Pacifico, e soprattutto contenere la Cina.