LO SCHIAFFO del Wisconsin brucerà a lungo. La vittoria del governatore repubblicano Scott Walker, sopravvissuto per la prima volta nella storia americana alla richiesta popolare di «estromissione», distaccando di 7 punti il suo avversario democraticoTom Barrett, non è solo una profonda umiliazione per i sindacati Usa che hanno organizzato la battaglia, ma un forte campanello d’allarme per il team di Obama e per l’intero partito democratico. Walker, risoluto nel risanare i bilanci dello Stato, aveva deciso d’autorità di tagliare i benefici dei dipendenti pubblici e di non riconoscere più le contrattazioni collettive.
I rappresentanti dei lavoratori, raccogliendo più di 900mila firme, dieci mesi fa hanno praticamente imposto la «recall election», una sorta di referendum sulla sua permanenza alla guida dello Stato. Wallker li ha sonoramente battuti, anche con l’appoggio di enormi finanziamenti di gruppi conservatori esterni giunti in suo aiuto, e adesso il suo è diventato un «esempio nazionale» che altri potrebbero imitare.
OBAMA e il suo vice Biden non hanno appoggiato il candidato democratico per non venir coinvolti nella disputa locale. Ma con una vittoria così netta, il Wisconsin, già assegnato ai democratici nelle presidenziali, adesso potrebbe tornare in bilico, anche se gli elettori uscendo dai seggi hanno dichiarato che a novembre il 51% voterà per Barack e solo il 44% sosterrà Romney. Non c’è dubbio: i soldi contano sempre di più in questa campagna elettorale. Il fatto che Walker e i suoi amici abbiano speso in pubblicità 8 volte più dell’avversario, ha avuto un forte impatto.
E’ una lezione che Obama impara in fretta e per questo non rinuncia a corteggiare i suoi amici super-ricchi, sebbene continui a invocare contro di loro la fine dei tagli fiscali avviati da Bush. Se non bastassero i grattacapi, ieri, dopo il grande show fatto insieme a Broadway, a soffiare sul fuoco si è messo anche Bill Clinton, che rivendicando il suo spirito centrista si è lasciato sfuggire (ma qualcuno pensa lo abbia fatto apposta) che per lui gli sconti ai ricchi andrebbero lasciati almeno per un altro anno. La «chiarificazione», arrivata pochi minuti dopo, è stata ancora peggio: perché ha messo in rilievo al di la delle apparenze che Clinton e Obama non sono sempre sulla stessa lunghezza d’onda e che i profondi rancori del 2008 sono solo stati nascosti sotto il tappeto.