Siria, Assad in esilio non è più un tabù

Esteri

10 giugno 2012
I DIPLOMATICI trattano, ma le artiglierie governative e i guerriglieri in Siria continuano a massacrarsi. Anche ieri ci sono stati almeno 32 morti in diverse città, da Damasco a Daraa, da Idlib a Homs, con ripetuti scontri nella notte anche alla periferia della capitale e sulla via di Bagdad. Al Palazzo di Vetro circola la proposta di una nuova risoluzione che rafforzi e aumenti gli Osservatori Onu dotandoli di mezzi per difendersi. Non sono soltanto l’America e l’Europa a premere questa volta (la richiesta di nuove sanzioni riceverebbe il veto), ma anche Russia e Cina intendono far parte della partita. «Mosca non si opporrà alla partenza di Assad se i siriani saranno d’accordo tra di loro e non sotto pressioni esterne. Noi saremo felici di sostenere tale soluzione», ha detto schiettamente il ministro degli Esteri Lavrov.

IL PIANO di Kofi Annan, anche se nessuno ha ancora rispettato il cessate il fuoco preliminare, rimane l’unica strategia credibile. La parola opposizione appare sempre più di frequente. Mosca vuole anche l’Iran al tavolo dei paesi influenti o nel «gruppo di contatto» ed è quello che si augura anche Annan. La resistenza americana potrebbe essere vinta durante il primo faccia a faccia tra Putin e Obama la settimana prossima. Le resistenze da superare non sono solo in campo europeo, dove anche la Francia si oppone a Teheran, ma anche tra i paesi del Golfo con Qatar e Arabia Saudita più disposte ad armare e finanziare i ribelli che non imbarcarsi in una lunga transizione con il regime dalla quale comunque l’Iran ne uscirebbe rafforzato se il suo ruolo di influente potenza regionale venisse riconosciuto come chiede da anni giocando pericolosamente e contemporaneamente anche la carta del nucleare.

CON LA PIÙ grande base militare russa da tutelare, il Cremlino rivendica il suo rapporto privilegiato con Damasco e si appoggia all’eloquente silenzio della Cina, che non vuole nuove sanzioni economiche, ma chiede una commissione d’indagine indipendente sui massacri di Hula e di Qubeir che il regime nega. Impedendo l’ingresso nei villaggi agli osservatori dell’Onu, Assad ha aggravato il sospetto di voler guadagnare tempo per coprire le atrocità. Potrebbe essere stata questa la mossa fatale che gli sta aprendo soltanto la porta dell’esilio.
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