Flop all’estero, ma Mitt Romney resiste

Esteri

1 agosto 2012
Viene da dire: "Provaci ancora Mitt". Ma ormai non c’è più tempo. Romney è tornato dal suo viaggio di promozione internazionale che lo ha portato a Londra, in Israele e in Polonia sicuramente più ricco (e non ne aveva bisogno), ma anche più impopolare (e questo davvero non gli giova). Avere imitato il tour di Obama in Europa nel 2008 non gli ha portato bagni di folla e nemmeno più consensi. I suoi discorsi sono stati visti da molti come un boomerang sulle credenziali di politica estera già non fortissime del candidato repubblicano.

È probabile che il discorso da 'guerra fredda' pronunciato in Polonia serva ad uso interno per compiacere i polacco-americani che vivono negli Stati in bilico come Pennsylvania, Ohio, Wisconsin e Michigan, ma se Lech Walesa — che snobbò Barack 4 anni fa — gli ha dato l’appoggio, sicuramente non lo aiuteranno le parole dell’attuale leader dei sindacati polacchi, che ha subito replicato: "Walesa parla a titolo personale, i nostri lavoratori sono con Obama". E nemmeno le accuse di "discorso razzista" lanciate dai palestinesi, che ha completamente ignorato, alzano la pagella di Romney come futuro negoziatore della Casa Bianca per la pace in Medio Oriente.

Nonostante le gaffes però, in attesa delle convention e dei dibattiti, Romney e Obama rimangono appaiati nei sondaggi col 46% del gradimento ciascuno, e comunque sempre con oscillazioni entro i margini d’errore.

Quello che nella corsa elettorale americana però non conta troppo sono i test generici a livello nazionale. A pesare resteranno soltanto le fluttuazioni degli indipendenti nei 12 Stati in bilico. Ecco allora che la scelta di Obama di affidare il 'keynote speech', il discorso chiave alla convention democratica di Charlotte, al giovane sindaco ispanico Julian Castro di San Antonio in Texas, sposta l’intera strategia elettorale sul 'fattore ispanico'.

Romney potrebbe rispondere con un’altra mossa tattica: affidare la vice presidenza al senatore della Florida di origini cubane Marco Rubio. Alle urne si presenteranno due Americhe diversissime. Con Romney quella dei ricchi ma anche degli aspiranti tali. Con Obama quella dei diritti per tutti ma anche delle tasse. Non vincerà il migliore, ma chi raccoglierà più soldi. Fino a novembre sarà una colletta continua.
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