Se i primi sono arrivati con le diligenze e lunghe carovane di pionieri 300 anni fa, gli ultimi se ne sono andati trascinando le loro case mobili su 8 ruote solo pochi mesi fa. Qualcuno le sta ancora tirando, ma molte si sono insabbiate e arrugginite. Detroit è al collasso. Da ieri il suo destino è nelle mani di un giudice federale. Sarà lui a decidere il futuro. Un futuro di lacrime e sangue anche se lo spirito pionieristico degli americani potrebbe tornare a sorprendere con un insperato colpo di reni. Nel frattempo i dati della più grande città americana finita in bancarotta, sono agghiaccianti. Oltre 20.000 pensionati pubblici rischiano di perdere l’assegno di sussistenza, più di 18.000 impiegati statali possono perdere il lavoro nelle prossime settimane. È questa la voce più grande della spesa che ha portato il debito municipale a superare negli anni i 18 miliardi di dollari.
In questa città dell’auto salvata dalla Casa Bianca di Obama però gli effettivi occupati nelle quattro ruote sono solo 27.000, contro i 150.000 dei gloriosi anni Cinquanta. Anche la popolazione allora di 1,8 milioni di persone è precipitata a meno di 700.000 e la gente continua ad andarsene, lasciando più di 78.000 case abbandonate e anni di tasse non pagate. Ma non è tutto. Anche la notte a Detroit è più buia: solo il 40% dei lampioni funziona. Se si aggiunge che la disoccupazione supera il 16,5%, il devastante quadro è completo. Gli analisti hanno battezzato la bancarotta come il «Katrina di Detroit» e non tutti sono convinti che esista una «road map» per il ritorno al benessere.
Per ritrovare liquidità e ripagare in parte i creditori, il giudice dovrà valutare come vendere proprietà pubbliche e cedere parte delle attività che la città gestisce, con diretto effetto sull’occupazione.
Il disastro (che coinvolge anche le banche che hanno prestato il denaro e che adesso rimangono scoperte) potrebbe diventare un appetibile terreno d’investimento per speculatori e giovani imprenditori attratti dai bassi costi degli immobili (una casa costa in media 45mila dollari) e dal potenziale che la città rappresenta, forte della sua storia centenaria.
C'è già chi vede tra i vecchi palazzi in sfacelo la nascita di una nuova capitale dell’industria di Internet. Una Silicon Valley postmoderna tra le rovine. Adesso però il brillante grattacielo circolare della General Motors sembra una cattedrale nel deserto, tra vecchi palazzi popolari marroni che stanno cadendo a pezzi, occupati solo da trafficanti di droga e prostitute.
Non tutta la città è morta. Ci sono parti vive e produttive, investitori che hanno aperto business che creano profitto. La rinascità dovrà partire proprio da quelle isole sane e bonificare le parti candenti. Questa enorme esposizione mediatica con l’annuncio della bancarotta potrebbe trasformarsi in un forte spot a investire, soprattutto se Obama promette di prestare molta attenzione alle prossime mosse degli amministratori e dei liquidatori. Servono i giovani con le loro idee, i loro entusiasmi a basso costo e la voglia di muoversi. Detroit attende il controesodo, nuovi pionieri senza diligenza, ma col pick-up e l’iPad.