ERA IL 1993 quando Umberto Bossi incontrò per caso il deputato leghista Luca Leoni Orsenigo, ragioniere e proprietario di un negozio di apparecchiature tecniche a Como. Gli chiese cosa sapesse fare e l’interpellato rispose: maneggiare le antenne. «Detto fatto: mi mandò alla vigilanza Rai. Sempre antenne erano, no?», racconta il Leoni Orsenigo, oggi ex deputato, in un libro di Federico Ferrero appena pubblicato. Diciannove anni fa, eravamo agli albori della Seconda Repubblica, ma il nuovo aveva già la stessa faccia del vecchio, soprattutto in Rai. La parola lottizzazione, coniata da Alberto Ronchey, non aveva perso il significato con l’albeggiare di Lega, Forza Italia, Pds e successive mutazioni. E da allora ogni partito ha infilato ai vertici di mamma Rai i propri uomini di riferimento, e così nelle redazioni. Spesso scelti con il “metodo Leoni Orsenigo”. Poi, per vent’anni, ci siamo sorbiti le litanie sulla riforma della Tv di Stato, ed è stato un po’ come ascoltare un cenacolo di truffatori discettare sulla riforma della giustizia. Nel frattempo, la Rai è diventata quel che è diventata: inguardabile.
Quando Mario Monti ha preannunciato che metterà mano anche a Saxa Rubra, abbiamo avuto un’emozione, ben più che a sentir parlare di taxi e farmacie. E’ l’ultima spiaggia. Se neppure il Professore riuscirà a ridare dignità al servizio pubblico, dobbiamo rassegnarci a una vita di Apprescindere, Eredità, talkshow noiosi, telefilm comatosi, tg fotocopiature. Oppure a una vita da nottambuli per vedere qualcosa di decente. Ma intanto ci chiediamo: sulla fiducia paghiamo il canone? O aspettiamo i fatti?
(pubblicato su Qn-Carlino-Nazione-Giorno il 21 gennaio 2012)