Salviamo le librerie storiche

Cultura

28 febbraio 2012
E’ una strage. Una strage silenziosa ma implacabile, di cui si hanno da anni notizie sparse. A metterle però insieme come tasselli di un mosaico, disegnano il ciclope che divora le sue prede. Quella del Porcellino e la Martelli a Firenze, la Zanichelli a Bologna, la Battei a Parma, la Carducci a Udine, la Croce a Roma, la Guida Merliani a Napoli, la Cultura a Catania, prima ancora la Sherlockiana a Milano, la Agorà a Torino: nomi di altrettante librerie storiche chiuse o in procinto di chiudere, ultime targhette su un lapidario vastissimo. Poco importa abbiano attraversato un secolo e mezzo di storia, come è per quella bolognese, meta preferita di Carducci, o solo gli ultimi quarant’anni, come è per quella napoletana; poco importa siano conosciute in tutta Italia o solo entro le mura cittadine. Una cosa è certa: senza di loro la cultura non sarà più la stessa.

Librerie storiche assassinate dalle megalibrerie, dalle vendite di libri on-line, nei supermarket o alle poste, dal peso degli affitti, delle tasse, della speculazione immobiliare, dell’ignoranza. Sulle loro salme banchettano boutique, fast-food, banche, store, enoteche, luoghi preposti ad affari assai poco culturali. Ci vorrebbe il Wwf delle librerie, l’Unesco del patrimonio librario, l’Onu dei volumi sugli scaffali. Ci vorrebbe una santa alleanza dei lettori da nord a sud. Ci vorrebbe un «vincolo etnoantropologico» in difesa di queste «testimonianze di civiltà», per dirla con l’onorevole Valdo Spini. Ci vorrebbe una legge che consenta ai Comuni di tutelare le librerie storiche o che imponga a banche, boutique, ristoranti di fermarsi davanti alla preda, come il cacciatore davanti alla garzetta.

(pubblicato su Qn-Carlino-Nazione-Giorno il 25 febbraio 2012)
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