Social media, ossessione collettiva

Cultura

4 luglio 2012
«LA POCHEZZA del linguaggio di molti ragazzi equivale sempre più pericolosamente alla pochezza del pensiero», lamentano in treno due sconsolate professoresse, dirette a fronteggiare i medesimi agli orali della maturità. Di cosa vi meravigliate?, avrebbe chiosato Geert Lovink, se fosse stato accanto a loro. Ma forse in quel momento era in Olanda, dove insegna new media all’Università di Amsterdam e dove ha fondato l’Institute of Network Cultures. Basterà allora sfogliare il suo ultimo libro, intitolato ‘Ossessioni collettive - Critica dei social media’, in cui spiega tra l’altro che la Rete è «un’ammucchiata partecipativa», che con Facebook e Twitter riproduciamo «i dialoghi vuoti dei reality show». In particolare Twitter, sostiene Lovink, «non ti permette di sviluppare un’argomentazione. In questi tempi di crisi avremmo invece bisogno di strumenti che aiutino le persone a organizzarsi e a strutturare meglio il dibattito». Non è escluso, insomma, che gli studenti poco-pensanti cui facevano riferimento le due prof siano fruitori-forti dei social media. Ma la compagnia è nutrita, dai politici agli attori ai calciatori, il people-tweet ha invaso la Rete e si sente obbligato a dire a tutti ciò che pensa. «Ma a me non interessano molto le loro opinioni, mi piacerebbe di più che fossero attivi e propositivi», spiega Lovink, con un pensiero articolato che un tweet avrebbe ridotto a un banale «chissenefrega». Geert aggiunge infine che l’essere costantemente on line abbatte le nostre capacità di attenzione e di concentrazione. Modesta proposta: adottare ‘Ossessioni collettive’ come libro di testo.
(pubblicato su Qn-Carlino-Nazione-Giorno il 30 giugno 2012)
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