CHISSÀ come vedeva l’Italia del 1957 questo ragazzino di Burano a testa in giù. Ciò che sappiamo, ciò che ci mostra la foto, è che su quell’isola nella laguna veneziana era un altro mondo, che non si può dire magico ma di certo avvolto nel suo immutevole tempo. Una scena di teatro quotidiano in cui la protagonista è la piazza e i passanti comparse insostituibili, senza le quali lo spettacolo della vita sarebbe impossibile.
Il bambino che avanza, mani dietro la schiena, aria incuriosita e seriosa, calzoni corti, scarpe e calzini bianchi e una prematura cravatta introduce la modernità che poi chiameremo boom economico e voglia di riscatto. Sulla destra, un’anziana transita ingobbita radicandosi con i suoi panni nel tempo che fu. Sullo sfondo, bambini e adulti che quel luogo lo vivono, lo possiedono da generazioni come un hortus conclusus. E al centro, al centro di tutto, lui il ragazzo a piedi scalzi, vestito dimessamente, che gioca facendo la ruota e che regge la scena, perno di una piccola isola chiamata Burano, sospesa tra cielo e mare. E’ l’unico ad avvertire la presenza della macchina fotografica, dietro la quale c’è un foresto, un giovanotto di belle speranze venuto appositamente da Firenze per fissare su una pellicola quell’angolo di Italia sperduta dove il bucato sa di sapone di Marsiglia: Piergiorgio Branzi.
Di tempo da allora ne è passato, l’autore della foto è diventato un famoso giornalista e un ancor più famoso fotografo. Non a caso questa immagine è oggi ospite della bella mostra «Italo Zannier - La sfida della fotografia» in corso a Pordenone, dove il fotografo, storico e critico friulano ha raccolto la magia del realismo italiano. C’è profumo di Italia povera ma ottimista, ingenua ma sincera, isolata ma curiosa. Secoli fa, prima che la realtà diventasse reality, prima che i bambini smettessero di fare la ruota nelle piazze pensando che la vita è solo un videogioco.