HA RAGIONE Zeffirelli, parlare male di Firenze è come parlare male della Madonna. Inconcepibile. O meglio, può farlo solo chi appartiene strettamente al culto, nel caso in cui non ottenga il miracolo richiesto. Marchionne, si sa, è dedito solo al culto di se stesso, senza se e senza ma. Quindi, prima di parlare di Firenze, si sciacqui la bocca, come dice l’ex amico suo Renzi. Non ha invece bisogno di colluttorio Guccio Gucci, imprenditore il cui nome è sinonimo di fiorentinità doc nel mondo. La città è in «balia di kebab, ambulanti irregolari e orde di turisti rumorosi e molesti», e aggiunge «è sporca, trasandata, abbandonata, piena di tutto ciò che ‘non è’ Firenze. Meriterebbe molto di più per la sua storia, l’arte, la cultura». Renzi? «Ha ridotto Firenze all’abbandono più completo». Alieno all’uso americano di parlare per slogan di Marchionne, Gucci attinge abbondantemente alla lingua di Dante: Firenze ha «un centro storico ad alto tasso di criminalità e con un’identità sempre più a rischio».
NEL COMPITARE il tema su Firenze, l’ad della Fiat fa così la figura del bambino alle prese con le aste. Anzi, peggio: fa la figura del pisano. Conclusione: a criticare Firenze, bastano i fiorentini. «Salvare Firenze», titola il suo ultimo libro Luca Doninelli, fiorentino. «Se fossi fuoco, arderei Firenze», è il titolo scelto per il suo da Vanni Santoni, fiorentino. «Mangiando se stessa, Firenze ha finito per avvelenarsi», ha scritto Bianca Stancanelli. Non sappiamo tuttavia quante copie abbiano venduto in una città né piccola né povera, in cui nacque il Rinascimento e dove oggi stanno morendo come mosche le librerie.
p.s.: il rubrichista non è fiorentino e quindi per non incorrere in scomuniche non dice che sottoscriverebbe quanto ha affermato Gucci.
(pubblicato su Qn-Carlino-Nazione-Giorno il 13 ottobre 2013)