I violini d’autunno di Paul Verlaine
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Firenze, 25 novembre 2014 – Ha scritto con assoluta pertinenza, a proposito della poesia di Paul Verlaine, Mario Luzi: «Verlaine applica sempre più decisamente la metamorfosi musicale delle emozioni, fino ad esprimere per questa via l’essenza ineffabile dell’anima e il mistero dei suoi legami con il mondo. La sua musica esala da uno spirito che è posseduto e non possiede, ma ha dalla sua la grazia di comunicare il suo inconoscibile come tale.
La convinta naivetè della sua poesia non esclude che in essa sia stata portata a compimento l’opera magica di evocazione e l’opera di ricostruzione dell’unità tra l’anima e il mondo, mediante quell’unico esorcismo musicale che dissolve e ricompone l’interiore e l’esterno; opera che la grande premessa romantica aveva affidato alla poesia.
E una deduzione rivoluzionaria tratta nell’umiliazione, come gli altri due maestri [Rimbaud e Mallarmé] l’avevano tratta nell’orgoglio consapevole. I decadenti videro nell’arte di Verlaine il lato dissolutivo, i simbolisti intuirono l’altro della ricostruzione e lo annetterono senz’altro, come maestro, al loro movimento».
Alla «metamorfosi delle emozioni», al suo trattamento lirico, non si sottrae alcun sentimento, compreso il top in assoluto dei sentimenti, l’amore. E al fascino della musica in versi della poesia di Paul Verlaine in pochi hanno saputo resistere, compreso un musicista del calibro di Gabriel Faurè, raffinato compositore di una propria intima, rivissuta e ammaliante La Bonne Chanson.
Marco Marchi
Canzone d’autunno
I singulti lunghi
dei violini
d’autunno
mi struggono il cuore
d’uniforme
languore.
Ah squallido
e smunto, quando
risuonan l’ore
io mi ricordo
dei giorni in fuga
e piango;
e vado errendo
nel cupo vento
che mi trasporta
di qua, di là,
simile alla
foglia morta.
(traduzione di S. Bajini)
Chanson d’automne
Les sanglots longs
Des violons
De l’automne
Blessent mon coeur
D’une langeur
Monotone.
Tout suffocant
Et bleme, quand
Sonne l’heure,
Je me souviens
Et je pleure;
Et je m’en vais
Au vent mauvais
Qui m’emporte
Deca, dela,
Pareil a la
Feuille morte.
Paul Verlaine
(da Poèmes saturniens, 1866)
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