Premi. Il ‘Betocchi’ 2014 a Valerio Magrelli
VEDI I VIDEO “Natale, credo, scada il bollino blu” e altre poesie da “Il sangue amaro” lette dall’autore , Valerio Magrelli letto da Francesco Manetti , Valerio Magrelli parla di “Geologia di un padre”
Firenze, 26 novembre 2014 – Articolo apparso su “La Nazione” di oggi.
A Valerio Magrelli il premio letterario Carlo Betocchi-Firenze
È Valerio Magrelli il vincitore della XIII edizione del “Premio Letterario Internazionale Carlo Betocchi-Città di Firenze”. Dopo avere incoronato poeti di valore come Maria Luisa Spaziani e David Leochhed, Edoardo Sanguineti ed Elio Pagliarani, Giuseppe Conte e Patrizia Valduga, il “Betocchi” premia adesso Valerio Magrelli, autore di spicco dell’attuale panorama letterario.
Di lui sono adesso in libreria un intenso romanzo, “Geologia di un padre”, e una notevole raccolta di versi, “Il sangue amaro”. Proprio in quest’ultimo libro, nella sezione “La lezione dei fiumi”, Magrelli cita, dichiarandone la sua ammirata affezione, il grande Betocchi: “Fu il cristianissimo Carlo Betocchi, a descrivere gli argini / come nessuno mai, quando erano di terra, quando il mondo / era terra, in una manciata di versi fervidi e francescani, / tremanti di animismo, intitolati ‘La lezione dell’argine’”.
Nato a Roma, classe 1957, Valerio Magrelli ha esordito giovanissimo con le poesie di “Ora serrata retinae”. Al libro del debutto, del 1980, hanno fatto seguito “Nature e venature” ed “Esercizi di tiptologia”, e ancora “Didascalie per la lettura di un giornale” e “Disturbi del sistema binario”, a conferma e progressivo approfondimento di una pronuncia discorsiva e insieme filosofica, contraddistinta da un’ironia pensosa. È in questa chiave che anche come narratore e saggista Magrelli riesce sapientemente a cogliere inedite relazioni tra io e mondo.
La premiazione sabato 29 al Gabinetto Vieusseux in Palazzo Strozzi, presenti il vice sindaco di Firenze Cristina Giachi e il presidente del “Centro Studi e Ricerche Carlo Betocchi” Rosa Maria Di Giorgi. Letture di Giuseppe Antignati.
Marco Marchi
Versi da “Il sangue amaro”
«Natale, credo, scada il bollino blu
del motorino, il canone URAR TV,
poi l’ICI e in piú il secondo
acconto IRPEF – o era INRI?
La password, il codice utente, PIN e PUK
sono le nostre dolcissime metastasi.
Ciò è bene, perché io amo i contributi,
l’anestesia, l’anagrafe telematica,
ma sento che qualcosa è andato perso
e insieme che il dolore mi è rimasto
mentre mi prende acuta nostalgia
per una forma di vita estinta: la mia».
C’è chi fa il pane.
Io faccio Sangue Amaro.
C’è chi fa profilati d’alluminio.
Io faccio Sangue Amaro.
C’è chi fa progetti per lo sviluppo aziendale.
Io faccio Sangue Amaro.
Io mi faccio il Sangue Amaro.
È una specialità della casa, sin dal lontano 1957.
*
Mi lavo i denti in bagno.
Ho un bagno.
Ho i denti.
Ho una figlia che canta
di là dalla parete.
Ho una figlia che ha voglia di cantare
e canta.
Può bastare.
*
Ingegnoso, mio figlio si chiude nella doccia
incolla un foglio al vetro, dall’esterno,
e per un’ora, immerso nel vapore,
impara a memoria Ugolino.
Scendono l’acqua e i versi, lui sussurra,
mi costa una fortuna, ma alla fine
esce lavato, profumato, pieno
zeppo di endecasillabi.
*
Se tutto dovesse andar bene,
ma veramente bene, senza incidenti o crolli,
infine arriverà la tremarella.
Vedo amici più anziani che vibrano,
il mento scosso, le mani inarrestabili.
Parliamo allora di questo movimento,
un vento che soffia da dentro
per scuotere le foglie delle dita
e non si ferma più.
*
È questo stormire neurologico
di fronde che dunque mi attende
se tutto, proprio tutto, dovesse andar bene.
E mi tramuterò in una betulla
o in un cipresso sul bordo del fiume,
con quel tremolare di luci
alzate dalla brezza.
Mi farò soffio, mi farò soffiare,
panno lasciato al sole ad asciugare.
Valerio Magrelli
(da Il sangue amaro, Einaudi 2014)
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