Dintorni della poesia. All’Età Libera con Tozzi
VEDI IL VIDEO “Tozzi, la scrittura crudele”
FIrenze, 13 ottobre 2012 – Articolo pubblicato su “La Nazione”, 13 ottobre 2012.
Questo post è dedicato a tutti gli iscritti dell’Università dell’Età Libera di Firenze, in particolare a quelli con i quali leggeremo insieme, quest’anno, il romanzo-capolavoro di Federigo Tozzi Con gli occhi chiusi. Per loro e per tutti un video sulla vita e le opere del grande narratore senese e un breve estratto del suo bellissimo romanzo a sfondo autobiografico del 1919: un brano in cui Domenico e Pietro Rosi, il padre e il figlio che si contendono anche il possesso di una giovane contadina di nome Ghìsola, dal centro delle loro conflittuali solitudini segretamente (modernamente) si affrontano. Come diceva Giacomo Debenedetti, i romanzieri naturalisti narravano in quanto spiegavano la realtà, Tozzi, al contrario, narrava perchè quella stessa realtà non sapeva spiegarla. Sta qui la sua modernità, la sua grandezza di classico moderno a fianco di Svevo e Pirandello.
Voglia di sapere senza età
L’inaugurazione ufficiale è prevista per il 17 ottobre, in Palazzo Vecchio, ma i lavori già fervono: i programmi stampati e distribuiti, le iscrizioni aperte.
Più di settanta corsi realizzati in collaborazione con l’Ateneo fiorentino ed altri enti e associazioni presenti sul territorio, quasi tremila persone iscritte. È un appuntamento che ogni anno si ripete, quello dell’Università dell’Età Libera: uomini e donne di ogni età decisi ad intraprendere un percorso di evoluzione delle proprie conoscenze, per favorire la loro promozione culturale, relazionale e civica e migliorare così la qualità della loro vita.
È un appuntamento piacevole e importante anche per me che vi insegno da tanti anni. I protagonisti saranno come sempre loro, gli allievi: in molti casi amici, ormai, che si ha voglia di rivedere e che probabilmente ci attendono con la stessa impazienza.
Studenti dell’Età Libera, appunto, liberissimi anche di comporre i loro piani di studio, scegliere giorni e orari di frequenza, accordare preferenze a specifiche aree di interesse (si va dal settore biomedico a quello storico, da quello letterario a quello musicale e artistico, e così via), come pure a discipline e laboratori, argomenti e docenti.
Si comincia, e un creativo desiderio di comunicazione all’insegna della scoperta e dell’apprendimento investe tutti, riportandoci agli intenti che l’assessore all’educazione Rosa Maria Di Giorgi compendia in una citazione da Socrate: “Esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza”.
Marco Marchi
Ed ecco l’estratto dal romanzo tozziano, non senza prima segnalare le edizioni del testo consigliate: quella singola, recentissima F. Tozzi, Con gli occhi chiusi, a cura e con introduzione di M. Marchi, Firenze, Le Lettere, o quella nel volume dei “Meridiani” F. Tozzi, Opere. Romanzi, Prose, Novelle, Saggi, a mia cura e con un saggio introduttivo di G. Luti, Milano, Mondadori.
Da Con gli occhi chiusi
Domenico non manifestò subito l’impazienza che aveva di veder Pietro occuparsi degli affari. Ma come le conversazioni doventavano di quell’affabilità affettata, che cela in sé gli scoppi della collera, così anche evitarono di parlarsi. Tutti tenevano dalla parte del Rosi, e si aspettavano una leticata. Pietro lo capì, fingendo di non accorgersi di quello che pensasse suo padre quando lo guardava quasi di sfuggita.
Domenico talvolta si stimava un uomo semplice e rozzo dinanzi a un raffinato ed un cattivo. E allora temeva d’averne la peggio.
Che cosa erano valsi i lunghi sforzi, di cui aveva riempito tutta la vita? Morendo, non avrebbe consegnato al figliolo ciò che aveva potuto strappare con il lavoro e l’astuzia? E proprio il figliolo non l’apprezzava? Proprio il figliolo voleva mandare in rovina il patrimonio?
Allora si accorse dell’errore che aveva fatto, accordandogli troppo anche a riguardo di Ghìsola. Egli stesso l’aveva accolta in casa! Ed ora, la disonesta, glielo metteva contro, insegnandogli ad odiarlo!
Gli parve un tradimento cercato: il seminario, l’accademia di belle arti, la scuola tecnica, l’istituto tecnico, i maestri privati, tutto!
Questi pensieri li aveva avuti tante volte, che stimava essere il momento di non lasciarsi sopraffare.
Seduto su la sedia che gli serviva da più di venti anni, lo seguiva con lo sguardo, tenendo le mani in tasca dei calzoni e appoggiando al muro il capo già calvo. Ma non diceva niente, procurando di distrarsi con i servi e con qualche cliente che andava a salutarlo.
Pietro pensava a tutte le cose famigliari che avrebbe voluto possedere per sé e per Ghìsola.
Pensava al lume cosÏ quieto e sempre eguale, con la campana di latta. Pensava alla poltrona della mamma, sotto il cui guanciale era una specie di cassetto di legno, dov’ella aveva tenuto i gomitoli delle lane e i suoi due soli libri, due romanzi a dispense illustrate. Pensava ai quattro guanciali a cui ella s’appoggiava; i quali si erano deformati ciascuno in modo riconoscibile. Pensava all’odore dell’acqua di Colonia, alle boccette antisteriche, ad una crocettina d’oro consunto.
Prima d’addormentarsi nel suo letto duro, ricordava tutte le cose più note; alle quali portava un’affezione intensa per quanto incosciente. Gli pareva di dover dare un’altra impronta e un altro significato a tali cose. Ghìsola sarebbe stata la rinnovatrice. Ed egli provava la stessa dolcezza che aveva provato stando insieme con lei.
Spenta la candela, si voltava dalla parte del muro e dormiva.
Domenico, verso la mezzanotte, attraversava la camera, con in mano la lucerna d’ottone. E allora Piero si destava e gli veniva voglia d’alzare il capo. Ma l’altra porta si richiudeva; ed egli rimaneva con quello scontento di quando è interrotta una disposizione d’animo.
Federigo Tozzi
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