Processo al Senatùr

Cronaca

6 aprile 2012
 “L'errore è mio: i figli in politica... Chi sbaglia paga e il cognome non conta”. Dopo la rabbia, dopo le lacrime, è arrivata anche l'ammissione. Al di là degli addebiti giudiziari che ancora nemmeno si sa se arriveranno all'indirizzo del Senatùr, ben oltre la malattia che, dal marzo 2004, ha compromesso irrimediabilmente la capacità di incidere da leader, Umberto Bossi sembra ora pagare per una scelta personale (il Trota in politica) e a causa della sua famiglia 'allargata', dalle decisioni della moglie Manuela alla gestione dei fidatissimi del Cerchio magico.

Ma il leone ferito esce di scena accompagnando questa ammissione anche da un'invettiva: “Roma farabutta ci ha dato questo tipo di magistrati”. E' la teoria del complotto contro l'"unica vera forza di opposizione”. Una giustificazione alla legge del contrappasso che lo sta investendo, quasi per salvare la faccia all'unico partito sopravvissuto alle macerie della Prima Repubblica.

E' questa l'ultima contraddizione che ci lascia il Bossi di lotta e di governo. E non è cosa di poco conto. Delle due l'una. O il Senatùr sapeva quel che stava capitando nel suo partito, oppure no. O il celodurista Umberto controllava ancora qualcosa, oppure passerà alla storia come uno dei tanti leader 'a sua insaputa'.

Forse ai militanti padani pronti a negare l'evidenza e a giustificare eventuali ruberie non interesserà sapere la verità. Interessa, invece, anche a chi semplicemente ha seguito la storia politica degli ultimi anni, sia esso sostenitore del Carroccio oppure no. A chi ricorda il cappio fatto sventolare in Aula contro i corrotti della politica, le sparate contro la politica del doppiopetto anche per rivendicare le esigenze materiali del popolo, il sogno del riscatto del Nord. Dove e quando tutto questo è andato perduto?

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marcella.cocchi@quotidiano.net


 

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