VEDI I VIDEO “Nel giusto della vita”Una poesia della “Via Crucis” presente nel testo scenico  “Verbum”

Firenze, 28 giugno 2013  Pienza celebra domani pomeriggio il poeta Mario Luzi, suo cittadino illustre.  Luzi, com’è noto, amava trascorrere le sue estati nella splendida cittadina rinascimentale di Pienza, alla quale era così intensamente legato da cantarla a più riprese nella sua opera e da lasciare alla sua comunità oltre 10.000 volumi della sua biblioteca e parte del suo archivio: il tutto ora custodito presso il Centro Studi Mario Luzi La Barca.

L’incontro, organizzato dal Comune di Pienza  in collaborazione con l’Associazione Mario Luzi Poesia del mondo di Mendrisio (Svizzera) avrà luogo nella Sala Consiliare dell’antico palazzo comunale secondo un programma che si articola  a partire dalle ore 17, 30  in due momenti principali: prima la proiezione della video-intervista Nel giusto della vita di Davide De Nigris, un filmato prodotto dalla RSI di Lugano (lo proponiamo qui ai nostri lettori desumendolo dal ricco canale YouTube dell’Associazione); poi la messincena di Verbum, testo scenico tratto da  Su la Parola di Dio da chi scrive, con musiche di Giovanni Battista Viotti, per la voce dell’attrice Sara Borsarelli.

«L’indugiante pensare di Mario Luzi sui testi sacri – ha suggerito con acutezza Bruno Forte nell’introdurre il libro pubblicato da Paolo A. Mettel da cui Verbum deriva – ci rive­la di lui una sorgente nascosta, segreta come lo è ogni vero legame d’amore, eppure luminosa, tale da ispirare e sostenere il suo viaggio ‘terrestre e celeste’». Di questo avvincente «legame d’amore» all’insegna della parola intende certificare il testo scenico: un  ritratto del poeta calato nelle drammatiche contraddizioni della storia, fra umana testimonianza dell’esistere e superiore fiducia in ciò che ci trascende. Ed è in questa chiave che i commenti di Luzi al Nuovo Testamento – il Vangelo secondo Giovanni, le Lettere di San Paolo e l’Apocalisse – e all’Antico – il Libro di Giobbe – culminano radiosamente nei versi della Via Crucis.

Alla serata interverranno Fabrizio Fè, Sindaco di Pienza, Giampietro Colombini, Assessore alla Cultura, Nino Petreni, Presidente del «Centro Studi Mario Luzi La Barca»Marco Marchi, Docente Letteratura italiana moderna e contemporanea dell’Università di Firenze, Paolo A. Mettel, Presidente dell’«Associazione Mendrisio Mario Luzi Poesia del Mondo». Sarà presente il figlio del poeta Gianni Luzi. Al termine saranno offerte in omaggio copie del volume Su la Parola di Dio.

Marco Marchi

Dal testo scenico Verbum

L’Apocalisse… Si può presumere che il suo fine sia l’affermazione di una grande disparità tra il divino e l’umano. Si può anche arguire che sia in corso un grandioso paragone di cui viene detto e celebrato l’esito finale di trionfo. Satana è presente ma solo come antagonista corruttore di anime. Non c’è niente di durevole sulla scena umana: e il ritualismo simbolico della scena celeste è una contrapposizione. Cataclisma del tempo. Ordine dell’e­terna, non umana e trionfale stabilità del divino.

Resta per me il mistero della indegnità e colpevolezza pre­giudiziale dell’uomo. L’uomo è oggetto di rampogna e di obbrobrio preliminare. Per lui è sempre pronta e impre­vedibile la punizione. Punizione per la sua scelleratezza o punizione per essere? Conflagrazioni immense sono pre­sunte, assestamenti cosmici nei quali confliggono male e bene. Perché l’umanità deve subire tante prove, perché le cornucopie degli angeli versano tutti quei guai sulla spe­cie degli uomini? Qual è il loro debito, che cosa devono espiare? Questo è il grumo oscuro che è difficile sciogliere.

L’apocalisse che abbiamo vissuto nel secolo scorso, nelle sue varie fasi, non ci dice gran che in quanto a svelamento ed è anche troppo banale come prefigurazione del futuro. Abbiamo visto soprattutto la distruzione dell’uomo come creatura; la sua cancellazione come entità distinta, la sua nullificazione come individuo in sé compiuto, e dunque la sua riduzione a numero, la sua svalutazione totale come essere vivente. Abbiamo visto questo prima nel processo aggregativo del capitalismo trionfante, sotto l’aspetto di massificazione; l’abbiamo visto sotto l’aspetto di genocidio nazista, nell’universo concentrazionario sovietico; nell’immane scempio perpetrato dai Khmer Rossi. Ogni volta la grevità assoluta e irreparabile dell’accaduto schiacciava il nostro pensiero e non lasciava margine per alcun simbolo e per la sua interpretazione.

La prospettiva temporale applicata all’Apocalisse non regge, slitta, sfugge da ogni parte. Non è omogenea con il singolare tenore di quel profetare la misura coerente del tempo umano – e altro non ne conosciamo. Tuttavia se c’è un accentrarsi e precipitare delle epoche nella vita di Cristo come in un baricentro cosmico, a me pare si rag­giunga un incremento di pathos: la nostra mente si sente presa come in un duro fermaglio tra la prima e la defini­tiva parusìa del Cristo. Tutto è detto e fatto in attesa di questa, in questo intervallo.

Padre mio, mi sono affezionato alla terra
       quanto non avrei creduto.
È bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.
È solo una stazione per il figlio Tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio
che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini
       oppure troppo poco?
Il terrestre l’ho fatto troppo mio
       o l’ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti
       nella sede eterna.

 

Dal sepolcro la vita è deflagrata.
La morte ha perduto il duro agone.
Comincia un’era nuova:
                              l’uomo riconciliato nella nuova
alleanza sancita dal tuo sangue
ha dinanzi a sé la via.
Difficile tenersi in quel cammino.
Ora sì, o Redentore, che abbiamo bisogno
del tuo aiuto,
ora sì che invochiamo il tuo soccorso,
tu, guida e presidio, non ce lo negare.

L’offesa del mondo è stata immane.
Infinitamente più grande è stato il tuo amore.
Noi con amore ti chiediamo amore.
Amen.

Mario Luzi 

(da Su la Parola di Dio; anche il ritratto di Luzi che illustra il post è desunto dal libro ed è opera dell’incisore materano Pietro Paolo Tarasco)

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