Compleanno Walt Whitman (West Hills, New York, 31 maggio 1819). ‘Noi due, quanto a lungo fummo ingannati’
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Firenze, 31 maggio 2013 – La poesia che oggi per ricordare il grande Wal Whitman riproponiamo è una di quelle che fanno la gloria di un poeta: anche se Whitman avesse scritto solamente questi versi – Noi due, quanto a lungo fummo ingannati, We two, how long we were fool'd –, la sua gloria (leggi il suo contributo alla storia dell'umanità, l'avere lasciato in qualche modo traccia del suo passaggio nel mondo) sarebbe assicurata.
Confesso che spesso mi capita di ragionare tra me e me in questi termini evidentemente troppo concisi, troppo riassuntivi e dirimenti, del capolavoro che tutto riassume e su tutto il resto si staglia, e non limitatamente al campo della poesia o della letteratura, ai suoi rappresentanti e alla documentazione che è dato loro esibire in questa sorta di selezione rigidissima: selezione spietata, implacabile e crudelmente paradossale, ogni volta da inesorabile e cruento gioco della torre, che fa convergere e tassativamente obbliga a concentrare in un titolo ricerche ed esiti conseguiti nel corso di intere esistenze spese al servizio dell'arte.
Ma ecco, nel mio personale gioco dell'opera che fa la gloria di qualcuno (meno male dinamico, sottoposto nel corso del tempo anche a instabilità, ripensamenti, nuove candidature e nuove opzioni), Dante che evoca Buonconte da Montefeltro nel V canto del Purgatorio, Wagner che compone il Tristano, Vermeer che dipinge La lattaia e Rembrandt con Il ritorno del figliol prodigo, Montserrat Caballé che in un giorno preciso della sua vita, solo in quello e per sempre canta come mai più da nessuno sarà cantata, neppure dalla stessa giovane Caballé di un'ora dopo, l'aria Depuis le jour della Louise di Charpentier (incisione RCA-Victor 1964, non la successiva Deutsche Grammophon!), o Beniamino Gigli-Des Grieux, interprete miracolosamete còlto al volo in una esecuzione dal vivo del celebre Pazzo son! al terzo atto di Manon Lescaut di Puccini (sì, proprio Manon Lescaut, proprio quel melodramma che, nonostante la forte concorrenzialità innescata dalla più tarda, sottovalutata e bellissima Fanciulla del West, sostanzialmente è lei, per me, a far la gloria di quel musicista, come la negletta Iris e non certo l'abusata Cavalleria rusticana fa quella di Mascagni). E quale film per Federico Fellini tenere sulla torre, Amarcord o non piuttosto I vitelloni (o magari, come si fa a buttarlo giù, il Fellini Satyricon, o senz'altro, anche a costo di tutto il resto, 8 e 1/2)?
Il gioco del capolavoro assoluto che in ogni settore dell'espressione artistica garantisce a un autore la gloria (leggi il suo contributo alla storia dell'umanità, l'avere lasciato in qualche modo traccia del suo passaggio nel mondo) potrebbe continuare e farsi, oltre che divertente, serio e interessante, magari allargandosi al confronto con scelte e graduatorie altrui. Ma lo lasciamo volentieri a un'altra volta, invitando invece il lettore di questa notizia a prepararsi a un grande incontro: ad apprezzare come merita l'alta poesia dell'ottocentesco autore americano di Foglie d'erba che in questa strepitosa Noi due, quanto fummo ingannati (peraltro tradotta molto bene da Giuseppe Conte) trionfa.
Marco Marchi
Noi due, quanto a lungo fummo ingannati
Noi due, quanto a lungo fummo ingannati,
ora metamorfosati fuggiamo veloci come fa la Natura,
noi siamo Natura, a lungo siamo mancati, ma ora torniamo,
diventiamo piante, tronchi, fogliame, radici, corteccia,
siamo incassati nel terreno, siamo rocce,
siamo querce, cresciamo fianco a fianco nelle radure,
bruchiamo, due tra la mandria selvaggia, spontanei come chiunque,
siamo due pesci che nuotano insieme nel mare,
siamo ciò che i fiori di robinia sono, spandiamo profumi
nei sentieri intorno i mattini e le sere,
siamo anche sterco di bestie, vegetali, minerali,
siamo due falchi, due predatori, ci libriamo in alto nell'aria e guardiamo sotto,
siamo due soli splendenti, siamo noi che ci bilanciamo
sferici, stellari, siamo come due comete,
vaghiamo con due zanne e quattro zampe nei boschi, ci lanciamo sulla preda,
siamo due nuvole che mattina e pomeriggio avanzano in alto,
siamo mari che si mescolano, siamo due di quelle felici
onde che rotolano una sull'altra e si spruzzano l'un l'altra,
siamo ciò che l'atmosfera è, trasparente, ricettiva, pervia, impervia,
siamo neve, pioggia, freddo, buio, siamo ogni prodotto, ogni influenza del globo,
abbiamo ruotato e ruotato sinchè siamo arrivati di nuovo a casa, noi due
abbiamo abrogato tutto fuorché la libertà, tutto fuorché la gioia.
(traduzione di Giuseppe Conte)
We two, how long we were fool'd
We two, how long we were fool'd,
Now transmuted, we swiftly escape as Nature escapes,
We are Nature, long have we been absent, but now we return,
We become plants, trunks, foliage, roots, bark,
We are bedded in the ground, we are rocks,
We are oaks, we grow in the openings side by side,
We browse, we are two among the wild herds spontaneous as any,
We are two fishes swimming in the sea together,
We are what locust blossoms are, we drop scent around lanes mornings and evenings,
We are also the coarse smut of beasts, vegetables, minerals,
We are two predatory hawks, we soar above and look down,
We are two resplendent suns, we it is who balance ourselves orbic and stellar, we are as two comets,
We prowl fang'd and four-footed in the woods, we spring on prey,
We are two clouds forenoons and afternoons driving overhead,
We are seas mingling, we are two of those cheerful waves rolling over each other and interwetting each other,
We are what the atmosphere is, transparent, receptive, pervious, impervious,
We are snow, rain, cold, darkness, we are each product and influence of the globe,
We have circled and circled till we have arrived home again, we two,
We have voided all but freedom and all but our own joy.
Walt Whitman
(da Foglie d'erba, Leaves of Grass, 1855)
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